Per la Toscana l’ipotesi di “aprire” al privato

Il Sole 24 Ore
Silvia Pieraccini

FIRENZE. Il taglio alla sanità toscana di 148 milioni nel 2015, che il decreto enti locali sta per ratificare, non solo ha costretto alle “acrobazie” nei mesi scorsi gli uffici regionali alle prese col bilancio di previsione. Ma, via via che passano le settimane, fa aumentare il rischio di mandare in rosso i conti sanitari di una delle regioni più virtuose d’Italia, che negli ultimi dieci anni (dal 2005) è sempre riuscita a chiudere in pareggio (nel 2014 i costi sanitari sono stati 7,5 miliardi, il 68% dell’intero bilancio regionale, con 51mila addetti) e a garantire servizi di qualità.

L’andamento del primo semestre ha fatto accendere il campanello d’allarme. «Il 2015 sarà un anno di sofferenza», ammette il presidente toscano Enrico Rossi. «Per adesso non siamo in linea col budget, dobbiamo ridurre la spesa ma possiamo ancora recuperare». È ancora presto per dire se servirà una manovra. «Non lo so, vedremo, stiamo monitorando i conti», aggiunge Rossi che in 15 anni d’esperienza nel settore sanitario (prima come assessore, poi come governatore) si è guadagnato la fama di innovatore.

Anche questa volta, di fronte ai tagli annunciati dal Governo nella legge di Stabilità, il rieletto presidente aveva giocato d’anticipo, varando sul finire della scorsa legislatura una riforma sanitaria che prevede la riduzione delle Asl da 12 a 3, cui restano affiancate le tre attuali aziende ospedaliero-universitarie di Firenze, Pisa e Siena. Rossi in realtà avrebbe voluto accorpare anche quelle, creando solo tre maxi aziende sull’intero territorio regionale per migliorare organizzazione e programmazione d’area vasta, ma la necessità di modificare la legge nazionale che disciplina questo tipo di strutture legate all’Università l’ha fermato e irritato.

Oggi, con i tagli governativi già operativi e la riforma sanitaria regionale ancora in mezzo al guado (sono stati nominati i commissari ma le tre nuove Asl funzioneranno dal 1 gennaio 2016), il presidente rischia di dover ingoiare un rospo amaro. E di guardare sempre più all’apertura alla sanità privata, che ha ricevuto un primo impulso con i ticket legati al reddito introdotti dalla Regione: «Sulle prestazioni di base, dalla diagnostica agli esami di laboratorio, non vedo perché il privato non possa fare la sua parte», afferma Rossi.

L’obiettivo dichiarato è il salvataggio di un sistema che finora ha garantito i migliori livelli essenziali di assistenza (Lea) in Italia. «La lotta agli sprechi e la razionalizzazione dei servizi sono necessari – spiega il presidente – ma attenzione a non tirare tropp o la corda perché potrebbe spezzarsi».