La sperimentazione sulle cellule staminali

Pochi giorni fa ha suscitato molte polemiche la decisione del ministro di Università e Ricerca, Fabio Mussi, di ritirare l’appoggio italiano alla dichiarazione etica europea che blocca la sperimentazione sulle cellule staminali (quelle da cui si sviluppano tutte le altre) embrionali. Eppure la sperimentazione su queste cellule potrebbe segnare una svolta nel mondo scientifico. Va assolutamente incoraggiata perché potrebbe aiutare a trovare nuove cure per malattie degenerative come il morbo di Parkinson o l’Alzheimer.

In Italia e nella maggior parte dei Paesi europei i ricercatori possono per ora studiare solo le staminali adulte, che hanno però un limite: possono rigenerare solo cellule dell’organo da cui sono estratte (quelle estratte dal fegato possono sviluppare solo cellule del fegato, quelle estratte dalla cute solo cellule della pelle e così via). Quelle embrionali, invece, sono più duttili e plasmabili, al punto che ognuna può creare qualunque cellula dell’individuo adulto, possono cioè riprodurre ogni tessuto del corpo. Ecco perché le staminali embrionali sono state indicate dal rapporto Donaldson, messo a punto da un gruppo di studiosi, come quelle che assicurerebbero più probabilità di successo in campo terapeutico. Non intendo dire che bisogna produrre embrioni umani per “sacrificarli” alla ricerca, ma si potrebbero utilizzare per esempio le cellule provenienti dagli aborti spontanei.

O magari quei 30 mila embrioni attualmente congelati e conservati, frutto delle fecondazioni assistite fatte negli anni passati in Italia. In ogni caso va precisato che la ricerca sulle staminali embrionali potrebbe non portare a risultati immediati, potrebbe richiedere almeno 5-10 anni e magari non raggiungere l’obiettivo prefissato.

Ma questa è l’unica strada per evitare il rischio che centinaia di pazienti italiani vadano nei Paesi dove è possibile sperimentare nuove cure, perché lì la ricerca è davvero libera.
In ogni caso il via alle sperimentazioni sulle cellule staminali embrionali ci sarà solo dopo aver superato l’ostacolo etico. Un ostacolo che ha origine dalle nuove prospettive aperte dalla rivoluzione dello studio del Dna.

La decodificazione del genoma umano ha infatti permesso per la prima volta nella storia dell’uomo non solo di conoscere l’alfabeto e la struttura della vita, ma ha offerto la possibilità tecnica di modificarla.
È questo che disorienta e pone grandi interrogativi di ordine morale e religioso. La società non riesce a rispondere a questi interrogativi e reagisce con il rifiuto e la paura.

La posizione del ministro Mussi ha il merito di riavere aperto un dibattito etico senza il quale non ci può essere progresso scientifico. Credo sia impossibile e sbagliato opporsi alle ricerche che hanno come obiettivo la perfettibilità dell’uomo, il prolungamento della vita, la sconfitta di malattie come cancro, infarto, Alzheimer e Parkinson.

Certo, la possibilità di utilizzare le staminali embrionali per “riparare” gli organi di un individuo o usare dei geni per modificare la vita biologica pone dei rischi che però non dipendono dalla scienza, ma dalla volontà dell’uomo. La responsabilità di orientare queste conquiste verso il bene o verso il male rimane nelle nostre mani. Scritto il 6/06/2006 alle ore 9:27 da Umberto Veronesi nella categoria Attualità, In edicola. Puoi seguire la conversazione con il feed RSS 2.0. Puoi rispondere, o fare trackback sul tuo sito.