La speranza di una legge che regoli il “fine vita”

Il Fatto Quotidiano
Furio Colombo

Renato Biondini:

Caro Furio Colombo, sono Renato Biondini, segretario della cellula di Ancona dell’Associazione Luca Coscioni. Il 13 settembre noi dell’Associazione abbiamo presentato in Parlamento la proposta di legge di iniziativa popolare sul “fine vita” in Italia. Mi sto impegnando, assieme a Max Fanelli, malato di Sla di Senigallia, per calendarizzare la proposta affinché possa iniziare la discussione in Parlamento. Qualcuno nelle due Camere vorrà prendere questo impegno? Le scrivo per chiederle se può scrivere su questo tema.

Furio Colombo:

Rispondo volentieri a Biondini per tre ragioni: sono membro dell’Associazione Luca Coscioni, ho lavorato alla Camera e al Senato per far nascere una legge come questa. E, assieme ad altri, non molti, ho incontrato sbarramenti come contro un pericolo per la Repubblica. Un caso da ricordare è quello di Ignazio Marino, senatore Pd e presidente della commissione Sanità (2008) che aveva iniziato, nella sua commissione, la discussione di una decente proposta sul “fine vita” ovvero la possibilità per le persone coinvolte, di decidere in modo irreversibile e vincolante sulle ultime cure, oppure sull’aiuto a morire. Tutto ciò avveniva prima della grande e penosa messa in scena intorno alla non dimenticata vicenda di Eluana Englaro. Ma qualcuno ha visto in tempo il fenomeno di civiltà e di rispetto dei diritti umani e civili che una simile legge poteva portare. E ha bloccato Marino, lo ha dimesso dalla presidenza della Commissione, ha fatto eleggere la senatrice, allora Pd, poi Forza Italia (fino ai giorni nostri) Dorina Bianchi, e ha spostato altrove il senso e il valore della legge. Quando l’associazione Luca Coscioni ha scelto la strada della legge di iniziativa popolare, un bel po’ di cittadini hanno visto il senso e la civiltà dell’iniziativa, l’hanno sostenuta fino a che la legge ha potuto essere presentata in Parlamento secondo le regole costituzionali. Rischia di giacere insieme a tutte le altre leggi di iniziativa popolare, in un limbo perenne. E perciò concordo con Biondini che ringrazio di avermi scritto. Non smettiamo di parlarne affinché si risvegli qualcuno in Parlamento che si renda conto della svolta di civiltà che questo testo rappresenta. È il tempo giusto perché, come si dice spesso (ma non da molti, salvo i Radicali, nella cui galassia l’associazione Coscioni è attiva) i diritti umani e civili sono l’anima e la vita dell’ordine giuridico – dunque della Costituzione – di un Paese. Il fatto che siano continuamente spinti sul bordo della strada nella vita italiana spiega le nostre peggiori caratteristiche, dal feticismo per il segreto di Stato all’abile bravura con cui si riesce a negare ai cittadini la conoscenza dei fatti così come sono, e le ragioni delle decisioni, che invece il più delle volte, sembrano piovere dal cielo. Ma non voglio ripetere il mantra pannelliano. Voglio chiedere al Parlamento, cominciando dalla presidente della Camera Boldrini, che su questi argomenti è tutt’altro che distratta, la calendarizzazione legittimamente chiesta da chi ha scritto la legge, includendo la voce di dure e dolorose esperienze.