La sfida delle scienze della vita

Il Sole 24 Ore
Gregorio De Felice e Fabio Pammolli

E’ diffusa l’opinione che l’Italia per crescere debba intensificare le politiche a sostegno dello sviluppo nei settori ad alta tecnologia, come l’industria della salute (farmaceutica e tecnologie medicali), a cui Intesa Sanpaolo e Imt, nell’ambito degli incontri di interesse nazionale organizzati da Aspen Institute Italia, hanno da poco dedicato uno studio. L’industria della salute è uno dei pochi settori ad alta tecnologia in cui è specializzata l’industria italiana. Il suo fatturato è di 43 miliardi di euro (il 14,2% del manifatturiero italiano), le esportazioni toccano i 23 miliardi, più del 6% del totale. Sul piano dell’innovazione il peso di questi settori è alto in termini di R&S (4,2%) e di attività brevettuale (21,5%). I settori industriali legati alle scienze della vita sono industrie globali. Anche in Italia è alta la presenza di multinazionali estere: nell’industria dei dispositivi medici realizzano il 59% del fatturato, nella farmaceutica la percentuale sale al 71%.

Sono molti gli investimenti diretti in uscita: nelle imprese estere controllate da aziende farmaceutiche italiane lavorano più di 17mila addetti, pari al 27% degli occupati nelle imprese residenti in Italia. I settori della salute hanno un alto potenziale nel medio-lungo termine. La crescita del reddito e lo sviluppo di sistemi pubblici favorisce un rapido aumento della domanda di servizi per la salute nei Paesi di recente industrializzazione. Già nel 2011 la Cina era il 3 mercato mondiale; nel 2016 è attesa al 2 posto, alle spalle degli Usa. Nel 2016 tra i primi dieci mercati ci saranno Brasile (4 ),India (8 )e Russia (9 ). Il settore può tenere alta la competitività del Paese e non mancano in Italia eccellenze su cui far leva:grandi imprese multinazionali (a capitale italiano ed estero), un tessuto di Pmi dinamiche e flessibili, un numero crescente di start up. Una conferma dei buoni livelli di competitività dell’industria italiana della salute viene dai dati di commercio estero: tra il 2008 e il 2012 l’export è salito del 36,5%, molto più del16,5% della media del manifatturiero. Questa tendenza è proseguita nel I trimestre 2013 con un progresso del 16,5% (-0,8% per il manifatturiero). Le scienze della vita sono uno dei pochi settori italiani che ha recuperato i livelli di fatturato precedenti la crisi del 2009.

Spiccano le performance delle imprese con brevetti depositati allo European Patent Office (Epo) che registrano una migliore evoluzione del fatturato e della redditività (Ebitda margin al 10,2% vs. l’8,7% delle imprese senza brevetto). Nonostante le eccellenze, il settore presenta criticità. Nel 2012 abbiamo registrato un deficit di commercio estero pari a 3,3 miliardi di euro. Abbiamo un posizionamento sui mercati non di primo piano: nella farmaceutica siamo gli ottavi esportatori mondiali (con una quota pari a circa i14,1%), nelle tecnologie medicali ci collochiamo in 12esima posizione (2,4%). Il ritardo italiano è pronunciato in termini di capacità di ricerca. Nelle scienze della vita l’Italia si colloca al 12 posto per numero di pubblicazioni pro capite, in linea con Germania e Francia, ma distante da Regno Unito e Usa. Il nostro paese scende al 21 posto per numero di brevetti pro capite registrati all’Epo nelle scienze della vita applicate alla salute. Tra le prime 10 regioni mondiali per brevetti Epo nessuna è italiana. La Lombardia si colloca al 18 posto. Tra le prime 10 ben 7 sono Usa. Le 3 europee sono Ile-de-France (Fr), Darmstadt (De) e Hovedstaden (Dk). Dall’analisi delle collaborazioni tra Paesi, emerge un grado di chiusura elevato dei sistemi nazionali di ricerca europei. Per questo motivo, l’Italia è chiamata a identificare e a far valere le proprie priorità nello spazio europeo della ricerca. Le regioni più innovative presentano un surplus positivo in entrata in termini di mobilità di inventori. I poli italiani sono periferici: Milano esce dal core negli anni 90 a causa di un indebolimento del tessuto locale, con un ulteriore peggioramento dalla metà degli anni Duemila. Nello spazio della ricerca, Roma e Milano sono vicine tra loro e specializzate in medicina, ma sono distanti dalle regioni leader Usa, più orientate su biotecnologie, nanoscienze e post genomica. Dal superamento di queste criticità dipende la competitività italiana, che non può prescindere da un sostegno e un ruolo più attivo e organizzato del sistema pubblico. Più investimenti pubblici potrebbero costituire un ottimo volàno di politica economica, dando forte spinta al settore e all’occupazione di personale qualificato. E necessario un quadro normativo che, capace di controllare la spesa sanitaria, sia più stabile e favorevole agli investimenti in ricerca, alla promozione di centri di eccellenza nella ricerca e nella sperimentazione pre-clinica e clinica di nuovi farmaci.