La rivoluzione delle cellule staminali

Gianna Milano, Chiara Palmerini

La medicina rigenerativa sembra finalmente a portata di mano, o almeno così dicono spesso i media e molti ricercatori. È veramente così? No: i problemi da superare nell’uso terapeutico delle cellule staminali sono tanti e complessi. Tuttavia il dibattito pubblico, soprattutto in Italia, vive di speranze miracolistiche e annunci sensazionali, molto lontani dalla realtà dei laboratori di ricerca. Questo volume, scritto da due giornaliste scientifiche, è dedicato proprio a questi due aspetti: da un lato la comunicazione pubblica della scienza, dall’altro lo stato dell’arte della ricerca. In questo modo viene fatta una ricostruzione abbastanza fedele del quadro generale che riguarda le staminali, con particolare riferimento alla situazione italiana, molto peculiare e con notevoli differenze rispetto agli altri paesi che fanno ricerca in questo ambito.
Molto spazio è ovviamente dedicato all’ambito clinico, e alle possibili applicazioni delle cellule staminali nelle terapie. Si va, come è noto, dalla cura delle malattie degenerative come il Parkinson e l’Alzheimer, alla creazione di “pezzi di ricambio” su misura, fino alla possibilità di guarire le lesioni al midollo spinale – ora praticamente intrattabili dal punto di vista medico. Le cellule staminali, grazie alle loro caratteristiche di capacità di autorinnovamento, sembrano infatti possedere il dono di riformare i tessuti danneggiati. Il problema fondamentale è capire come attivarne la proliferazione nel luogo e nel momento giusti, e quindi per esempio riparare i danni che un infarto provoca al muscolo del cuore; invece della cicatrice che l’infarto normalmente lascia, limitando la capacità del miocardio, le staminali potrebbero essere in grado di ricostruire il tessuto e quindi garantire la normale funzionalità cardiaca. Tuttavia gli esperimenti condotti finora, e che le autrici ci raccontano, hanno dato risultati contrastanti, la cui validità è oggetto di discussione nella comunità scientifica internazionale.

L’utilizzo delle staminali in medicina passa quindi dalla comprensione dei meccanismi molecolari che ne regolano il comportamento: capire perché una cellula decide di moltiplicarsi oppure no, dirigerne il differenziamento, evitarne la replicazione incontrollata che può provocare tumori. Per far ciò, il banco di prova principale è costituito dalle staminali embrionali, la cui caratteristica fondamentale è la capacità di dare origine a praticamente tutti i tipi di tessuto presenti nell’organismo adulto. Ma le embrionali hanno anche un enorme potenziale proliferativo, che ne aumenta il rischio cancerogeno.

Tuttavia, e questo è uno dei principali meriti di questo volume, non si può pensare, come si è fatto in Italia, di creare una contrapposizione tra staminali adulte e staminali embrionali. E’ una distinzione che può valere per i teologi, ma che la scienza – almeno adesso – non può avallare: la biologia delle staminali è ancora agli inizi, e con essa la medicina rigenerativa. Operare un’artificiosa distinzione, fermando sul nascere ricerche molto promettenti, è sintomo di miopia e di incomprensione del processo di crescita della conoscenza.

Il volume presenta però anche dei difetti, aldilà di una cura editoriale molto approssimativa che rende la lettura a tratti poco piacevole. Uscito all’indomani del referendum del giugno scorso, ma scritto nelle settimane immediatamente precedenti, il volume soffre inevitabilmente di questo scarto temporale: non vi è per esempio una riflessione sul risultato della consultazione, ma contemporaneamente il testo non è entrato nel dibattito rovente che ha preceduto il voto. Interessanti sono invece le interviste condotte con ricercatrici e ricercatori italiani, che sottolineano alcune peculiarità (non sempre invidiabili) della ricerca nel nostro paese.