“La ricerca scientifica sia accessibile a tutti”

ddl Open access
L’Unità
Francesca Santolini

L’editoria scientifica costa, drena troppi fondi e ha assunto un peso esagerato. É nato il movimento internazionale “Open Access”: il professor Roberto Delle Donne spiega cosa

La ricerca scientifica ha un problema. Le Università e i centri di ricerca di tutto il mondo si sono resi conto che una parte consistente dei finanziamenti che ricevono finisce nelle tasche dei grandi editori scientifici internazionali. La ricerca, infatti comunica i suoi risultati attraverso gli articoli pubblicati nelle riviste specializzate: i ricercatori scrivono, e soprattutto leggono centinaia di migliaia di articoli che sono diffusi da riviste accredItate. Ora, da una ventina d’anni, le testate scientifiche sono passate dal formato cartaceo a quello digitale, e contemporaneamente sono state acquistate da alcuni grandi editori Internazionali, che hanno creato un oligopolio e preso in controllo del settore. Così, dal Duemila in poi, il costo degli abbonamenti ha cominciato a lievitare enormemente: gli enti di ricerca di tutto il mondo non potevano fare a meno delle riviste, e gli editori aumentavano i prezzi, arrivando a raggiungere un utile stratosferico che non ha eguali negli altri settori produttivi. I margini di profitto dei maggiori editori sono prima saliti oltre il 30%, per stabilizzarsi poi tra il 20 e il 25%.

Come fanno gli editori scientifici a produrre un utile così alto? Semplice, sfruttano gli investimenti pubblici in ricerca. I governi o le fondazioni pagano gli stipendi dei ricercatori, costruiscono e aggiornano laboratori, biblioteche, aule. E quando questo investimento raggiunge i suoi risultati, gli editori non retribuiscono neanche gli autori per la cessione dei loro diritti, né versano nulla agli autorevoli componenti dei comitati scientifici che conferiscono il prestigio scientifico alle testate. Si limitano a impaginare gli articoli e ormai non si devono più occupare della spedizione dei fascicoli, perché le riviste sono digitali. Così, rivendono al mondo della ricerca il suo stesso prodotto, per di più a un prezzo altissimo. La pubblicazione degli articoli scientifici nelle riviste più accreditate e più costose è incoraggiata pure dai sistemi di valutazione adottati da molti governi per controllare la produttività degli investimenti in ricerca. Si è pensato che la pubblicazione in riviste molto diffuse sia garanzia di qualità, e i meccanismi di valutazione adottati hanno finito per mettere altra benzina nel motore degli editori internazionali.

Di fronte a questa situazione, è sorto un movimento internazionale che ha cominciato a denunciare il peso esagerato dell’editoria scientifica. Protagonisti della ricerca Internazionale, come la Società Max Planck tedesca o l’Università di Harvard hanno dichiarato insostenibile il peso dei costi dell’editoria anche per i loro ricchissimi budget. E hanno proclamato il principio dell’accesso aperto ai prodotti della ricerca. E’ nato così il movimento Internazionale Open Access, che parte dal principio che i risultati della ricerca devono essere pubblici e accessibili a tutti, perche sono il frutto di grandi investimenti pubblici. Anche l’Italia si impegna per far parte di questo movimento. La Conferenza dei Rettori ha costituito un gruppo di lavoro incaricato di incoraggiare la pubblicazione open access dei prodotti della ricerca. Il gruppo è coordinato dal professor Roberto Delle Donne, dell’Università di Napoli. Lo abbiamo intervistato.

Professore, la frulzione libera e aperta del prodotti della ricerca scientifica è davvero possibile?

“E’ possibile, perché risponde a esigenze profonde, avvertite da tempo dalla comunità scientifica lntemazionale dai decisori politici, dagli enti finanziatori della ricerca, dagli organi di governo degli atenei. Negli ultimi quindici anni si sono susseguite decine di prese di posizione a favore dell’accesso aperto alla letteratura scientifica e ai dati della ricerca finanziati con denaro pubblico. La più importante dichiarazione è stata promossa a Berlino nel 2003 dalla Max-P]anck-Gesellschaft, tra i maggiori enti pubblici di ricerca Internazionali, ed è stata firmata da circa 530 istituzioni accademiche e scientifiche di oltre 5O nazioni. Diversi decisori politici, come l’Unione Europea, insieme a enti finanziatori della ricerca, sia pubblici sia privati come European Research Council, la Corn-missione Europea, Wellcome Trust, Telethon e il National Institutes of Health, sollecitano i ricercatori che hanno beneficiato di loro finanziamenti a rendere liberamente accessibili in rete i risultati delle loro ricerche, possibilmente subito o al massimo entro un limitato arco di tempo”.

Qual è la situazione in Europa?

“A partire dal 2007 la Commissione Europea, prima con uno studio sul mercato della comunicazione scientifica, poi con documenti di indirizzo e raccomandazioni ha indicato agli stati membri dell’Unione íl percorso da seguire per promuovere politiche di accesso aperto. In Spagna e in Germania vi sono stati nel 2011 e nel 2013 significativi interventi legislativi. Anche in Italia la Legge n. 112 del 7/10/2013 stabilisce che siano liberamente fruibili in rete entro un preciso numero di mesi gli articoli scientifici scaturiti da ricerche finanziate per una quota pari o superiore al cinquanta per cento con fondi pubblici se pubblicati in riviste che abbiano almeno due uscite annue”.

Cosa ostacola allora il passaggio della produzione scientifica dalle riviste a pagamento alla rete libera e gratuita?

“Le ragioni sono diverse. La principale è che negli ambiti disciplinari delle scienze, delle tecnologle e della medicina il mercato della comunicazione scientifica è saldamente nelle mani di pochissimi gruppi editoriali internazionali. Questi gruppi commerciali sono anche i proprietari, in tutto o in parte dei database citazionali utilizzati per valutare la qualità della ricerca. Ne consegue che molti ricercatori, per non compromettere le loro carriere e la valutazione delle Istituzioni di cui sono parte, preferiscono pubblicare sulle riviste del grandi gruppi editoriali internazlona, contribuendo, involontariamente, a rafforzarne la posizione di oligopolio nel mercato. Per apportare i necessari correttivi alle distorsioni presenti nell’attuale sistema della comunicazione scientifica sarebbe necessario intervenire con una azione di sistema, concertata su scala internazionale”.

Quanto spende oggi d sistema della ricerca italiano per abbonamenti a riviste scientifiche?

“Secondo alcune stime, le sole università spendono in abbonamenti a riviste scientifiche in formato elettronico almeno 70 milioni di euro all’anno. A tale cifra andrebbe poi aggiunta la spesa sostenuta dagli enti di ricerca. Bisognerebbe anche tener conto del fatto che i grandi editori commerciali Impongono agii autori che chiedono di poter redistribuire ad accesso aperto i loro contributi un costo ulteriore, che può arrivare fino a 5.000 euro ad articolo. Gli abbonamenti alle maggiori riviste elettroniche commerciali possune arrivare ad assorbire fino al 70% delle risorse destinate ai servizi bibliotecari”.

L’open access è compatibile con il diritto d’autore?

“Da più parti è stato rilevato che la normativa internazionale e nazionale relativa ai diritti patrimoniali si è evoluta in senso fortemente restrittivo rispetto alle esigenze della scienza e che appare per alcuni versi obsoleta rispetto al nuovo contesto tecnologico determinato dalle tecnologie digitali e in particolare da Internet. Le criticità riguardano innanzitutto i contratti di licenza e le misure tecnologiche di protezione. Di fatto, le licenze di accesso e i relativi divieti possono confliggere con gli interessi degli stessi autori e delle loro istituzioni. Gli editori tendono ad impedire qualsiasi uso del testi da parte degli autori che hanno dovuto cedere i diritti per essere pubblicati pensi che in certi casi gll autori hanno difficoltà a rendere disponibili gli articoli che hanno scritto anche ai volontari designati dalle loro Università o dall’Agenzia di valutazione nazionale”.

ll governo italiano può contribuire concretamente a facilitare questo passaggio, anche per recuperare i fondi destinati oggi agli abbonamenti?

“Il contributo del governo italiano è cruciale per assicurare il pieno recepimento delle raccomandazioni europee e attuare, di concerto con gli altri paesi europei, comuni politiche di pubblicazione ad accesso aperto del risultati originali della ricerca scientifica, dei dati e dei metadati, di fonti, di rappresentazioni digitali grafiche, di immagini e materiali multimediall scientifici”.