La ricerca non è un lusso

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Di seguito un articolo del Professor Giuseppe Remuzzi, pubblicato sul Corriere della Sera (Ed. Milano), sull’importanza della libertà di ricerca scientifica nel nostro paese: unica via per dare un futuro all’Italia.

Si sperava nel Jobs Act e sulle prime pareva che ci fossero prospettive per certi versi inaspettate per i ricercatori del nostro Paese, una bella notizia insomma. Ma presto ci si è accorti che quella legge cancellava tutto il resto, niente più co.co.co. nemmeno per chi dopo aver studiato per 15 o 20 anni o anche di più ha ormai acquisito competenze di prim’ordine che sarebbe un peccato mortale perdere.

E allora? C’è una strada sola: continuare a studiare e così si prolungano gli anni di borsa di studio fino ai limiti della decenza e poi si va avanti con corsi di formazione e poi dottorati, PhD all’estero per i più bravi. E si guadagnano altri anni: 3, 6 , 9 ,12 che per chi non si stanca prima fanno 3o anni di formazione e anche di più, che a chiamarla col suo nome però sono anni di precariato senza nessuna prospettiva.

Come facciano questi «ragazzi» ad avere ancora entusiasmo per questo lavoro, a dedicarci tempo e energie e a riuscire a competere con i loro colleghi dell’Europa, degli Stati Uniti e del Giappone è un mistero.

«E’ il mestiere più bello del mondo — mi diceva tempo fa una di loro —, ma il non potermi permettere nemmeno una pizza con gli amici adesso comincia a pesarmi.»

Non ce lo possiamo più permettere; la ricerca non è un lusso, ogni sterlina che il governo inglese ha investito in ricerca per una volta ne fa tornare indietro tre all’anno per sempre.

Ministro Madia, lei lo sa vista la sensibilità che ha dimostrato in questi giorni per i nostri ricercatori; convinca i suoi colleghi di governo: è per dare un futuro alla nazione, sarebbe un bel segnale per tutti.