La ricerca di Garattini e i nemici della scienza

Corriere Della Sera
Luigi Ripamonti

Una quarantina di persone appartenenti a gruppi animalisti e alcuni esponenti locali del Movimento 5 Stelle hanno manifestato ieri mattina a Sarzana, in occasione della conferenza tenuta al Festival della Mente da Silvio Garattini, fondatore e direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri. Striscioni, slogan, sit-in di protesta e irruzione all’interno dell’aula di tre esponenti del gruppo poco prima dell’inizio della conferenza, con urla contro Garattini. La colpa del professore? Aver sostenuto in molte occasioni la perdurante necessità della sperimentazione animale nella ricerca biomedica.

La questione oggi, però, non è essere d’accordo o meno con il professor Garattini, perché il problema si sposta sul piano della cultura, della tolleranza e della libertà di espressione. Parole grosse? Nient’affatto, se è vero che prima della contestazione gli attivisti avevano messo in atto un’iniziativa ancora più grave, come un appello al sindaco del Comune spezzino contro la partecipazione dello scienziato al Festival, addirittura con l’auspicio che a Garattini fosse impedito l’ingresso in città. Alle argomentazioni di un segno si oppongono argomentazioni di segno contrario anche e soprattutto in campo scientifico, dove le opinioni sono ancelle dei fatti e dei dati. Se si sceglie di negare la parola, il sospetto è che si abbia paura di misurarsi sul piano della dialettica e, trattandosi di scienza, delle prove che la sostengono.

Si obietterà che il professor Garattini è stato invitato successivamente dai suoi contestatori a un altro dibattito pubblico. E allora perché non limitarsi a questo, senza iniziative censorie e espressioni violente? Azioni simili, che sono chiaramente autolesioniste sul piano della credibilità, generano il sospetto che chi le compie forse non sia cosciente fino in fondo nemmeno di ciò che smarrisce anche sul piano strettamente personale. Chi nega il diritto di parola rinuncia a confrontarsi per decidere e scegliere con responsabilità. Chi nega il diritto di parola abdica quindi anche alla propria libertà e riduce se stesso a un automa mosso da soli impulsi, presumibilmente eterodiretti.