La parola eutanasia non sia bollata dal Pd

In relazione all’articolo di lunedì 29 aprile, dal titolo “Fine vita, il Pd dice no all’eutanasia legale – sostiene la linea del testamento biologico”, leggo con interesse e, via via, con un po’ di stupore. Interesse in quanto ero al Candiani venerdì sera e perché mi fa piacere che finalmente il Pd si ricompatti sui diritti civili, con una linea favorevole al testamento biologico, o Dat, da tempo richiesto come forma di tutela nell’autodeterminazione del proprio fine vita da gran parte delle cittadine e dei cittadini. Spero anche che ciò si tramuti presto in un voto favorevole, in consiglio comunale, per il Registro dei testamenti biologici a Venezia e, a livello nazionale, in una legislazione scevra da ipocrisie. Lo stupore deriva invece dalla supposta contrapposizione fra testamento biologico ed eutanasia, o come viene descritta nell’articolo, “la deriva eutanasica”. Vorrei ricordare che gran parte degli sforzi attuati per vedere riconoscere il diritto al testamento biologico e introdurre la discussione del concetto di autodeterminazione nella società e nella politica, sono stati profusi da associazioni, come associazione Luca Coscioni, Exit e l’Uaar Unione degli atei e agnostici razionalisti che qui rappresento. Le stesse associazioni che oggi stanno sostenendo, in modo democratico, una proposta di legge di iniziativa popolare per l’eutanasia volontaria legale, cioè vincolata a certe condizioni che il Parlamento italiano dovrà valutare. A Venezia il Comitato per il testamento biologico, per sostenere la delibera presentata da alcuni consiglieri comunali, ha raccolto più di 2600 firme sugli stessi banchetti oggi impegnati nella raccolta delle 50 mila firme necessarie, a livello nazionale, per la proposta di legge sull’eutanasia, e la cittadinanza sta rispondendo a questa iniziativa, ancora una volta, numerosa (per vedere i comuni dove si può andare a firmare e i prossimi gazebo in programma, andate su www.eutanasialegale.it , vi segnalo i nostri prossimi tavoli del Primo Maggio a Forte Marghera e del 4 maggio in piazza Ferretto a Mestre). I cittadini sanno bene, e io con loro, che l’eutanasia è una drammatica scelta. Una scelta estrema per abbandonare un percorso di sofferenza e che, per essere una scelta “libera”, non deve essere dettata dalla mancanza di accompagnamento, medico, psicologico e affettivo al malato. L’eutanasia non deve essere mai una scorciatoia per la società ma, ripeto, un estremo rimedio volontario per coloro che vogliono morire prima che la sofferenza intacchi la loro dignità personale, oppure per coloro che sono stanchi di vivere in certe condizioni, non accettando il concetto, un po’ troppo semplicistico di morte naturale, o peggio di senso della sofferenza nella morte. Certo le norme della deontologia medica vanno tenute in considerazione, così come l’etica del rispetto umano, ma penso che le une e l’altra non siano immutabili ma siano invece risposte civili e culturali dell’uomo e della sua consapevolezza storica sul concetto di vita, di dignità, di persona, di sofferenza e del dolore. Oggi il testamento biologico può contenere la richiesta di non accanimento terapeutico e non può contenere la richiesta di eutanasia, che in Italia è vietata per legge, eppure ritengo che il riconoscimento del testamento biologico sarebbe una bella conquista dal sapore di bella politica, quella che si occupa delle richieste sociali per migliorarne la qualità, anche senza aumento del Pil. Democraticamente, però, chiedo che la discussione sull’eutanasia legale possa aver luogo, senza veti, anche in Italia, così come è già accaduto in altri Paesi europei, dove gli italiani a volte emigrano per andare a morire con dignità. Auspico pertanto che anche all’interno del Pd, così come negli altri partiti, non ci si arrocchi su un’unica posizione considerata “corretta” bollando come impronunciabile la parola eutanasia, e che il confronto e il dialogo siano invece, sempre, il metodo perseguito.

Cathia Vigato
Responsabile Comunicazioni Uaar Circolo di Venezia – www.uaar.it/venezia