La mia vita al fianco di una madre disabile: diario di un viaggio attraverso l’ingiustizia

Logo Diabilità

Potrebbero (e vorrebbero) fare da soli. Ma in Italia no: sono costretti a dipendere dal buon cuore degli altri

Vai al bar, in quelli nuovi, grandi, appena ristrutturati. Il gradino è alto, troppo. Chiedi: scusi, ma visto che avete rinnovato, dov’è la pedana? Risposta: l’architetto ha detto che rovinava l’estetica. Un altro: la faremo. Quando? Tra un po’. Ripassi l’anno dopo: la pedana? La stiamo studiando. Non è mica la teoria della relatività. Silenzio.

Devi andare all’aeroporto a Fiumicino. Chiami la compagnia dei taxi la sera prima: vorrei prenotare una macchina con pedana automatica. Ti dicono no: “Abbiamo pochissime auto attrezzate, non possiamo tenerne impegnata una”. Rispondi: accompagno una disabile, ho l’aereo che parte, voglio essere sicura di poter raggiungere l’aeroporto. Niente da fare: “Richiami domattina, magari ha fortuna e trova la macchina giusta”. Già, un disabile ha bisogno di fortuna. A Londra c’è il Metrocab: taxi tradizionale, ma con il tettino più alto e con due piccole guide pieghevoli su cui puoi far scorrere le ruote e spingere la carrozzella con la persona dentro la macchina.

–> CLICCA QUI per leggere l’articolo completo

–> Guarda anche il video de La Repubblica: Disabili sulle strade di Roma e Milano, il videoconfronto