«Questa è la fine dell’inizio”, ha commentato Beppino Englaro. “Questa è la sentenza chiave, che chiude il cerchio definitivamente. Ci ho messo un quarto di secolo della mia vita e ora la strada è stata tracciata affinché siano rispettati i diritti fondamentali delle persone. Dal 1992 a oggi ho sempre avute chiare la libertà e il diritto di mia figlia a decidere della propria vita, concetti che lei aveva ben definiti e che aveva manifestato in più occasioni. L’inizio è che da oggi chi vuole autodeterminarsi, qualunque decisione assuma, sa che cosa deve fare e di certo non dovrà patire quello che ho patito io».
Il Tribunale Amministrativo Regionale ha condannato Regione Lombardia a risarcire Englaro con 142.000 euro. I fatti risalgono al 2008, quando Roberto Formigoni, allora Presidente lombardo, impedì di far rispettare la sentenza del Consiglio di Stato sull’interruzione delle terapie di Eluana. Formigoni obbligò Englaro a spostarsi in Friuli per ottenere il rispetto della volontà di Eluana. Il risarcimento stabilito dal Tar copre il costo del trasporto di Eluana alla clinica “La Quiete” di Udine, e il piantonamento della struttura, reso indispensabile dai continui attacchi di gruppi fondamentalisti. A Formigoni e alla Regione Lombardia è contestata “la natura dolosa del rifiuto regionale, che ha reso ancora più gravosa la condizione esistenziale” di Beppino Englaro e della moglie Saturna, deceduta qualche mese fa dopo anni di malattia.
Già nel settembre 2014, il Consiglio di Stato dichiarò illegittima la decisione della Regione Lombardia, perché la Regione era «tenuta a fornire la cure a Eluana, e il diritto ad avere una cura comprende, anche, il diritto di interromperla».
La sentenza del Tar arriva a confermare una giurisprudenza consolidata dal caso Welby in poi nel seguire un principio fondamentale: nessuno può negare a un paziente il diritto costituzionale a sospendere le terapie, nemmeno nel caso di sospensione dell’alimentazione e dell’idratazione e nemmeno se la persona che ha espresso la scelta non è più in grado di intendere e di volere.
C’è da sperare, a questo punto, che la politica ne voglia tenere conto. In particolare, i Parlamentari impegnati nella discussione sulle proposte di legge in materia di fine vita (tra le quali la proposta di iniziativa popolare dell’Associazione Luca Coscioni) dovrebbero considerare l’urgenza di far fare un passo avanti al nostro Paese fornendo un quadro giuridico certo, all’interno del quale si possano esprimere le volontà del paziente. Nella scorsa legislatura, attraverso il disegno di legge Calabrò, la maggioranza di allora tentò l’operazione opposta, cioè il tentativo di minare la giurisprudenza e la stessa Costituzione, riducendo le direttive anticipate di trattamento a mere “dichiarazioni” non vincolanti e sottraendo l’alimentazione e l’idratazione dal novero dei trattamenti rinunciabili. Una siffatta legge, “contro” e non “per” il testamento biologico, farebbe probabilmente la fine della legge 40: finirebbe cioè smontata dai tribunali e dalla Corte costituzionale, naturalmente a prezzo di grandi sacrifici personali dei malati e dei loro parenti.
La strada parlamentare è la più importante, ma non l’unica. Proprio la Regione Friuli ha approvato una legge regionale che introduce la possibilità di inserire le direttive anticipate di trattamento nella tessera sanitaria regionale, rendendo così molto più agevole la consultazione delle volontà del paziente da parte degli operatori sanitari. Il Governo Renzi ha bloccato tutto con un ricorso alla Corte costituzionale, ma altre regioni potrebbero seguire. In Lombardia, nei giorni scorsi, con diverse associazioni e gruppi abbiamo depositato ben oltre le 5.000 firme necessarie su una legge regionale di iniziativa popolare con lo stesso obiettivo della legge friuliana.
Che sia bene non arrendersi, ce lo spiega lo stesso Beppino Englaro: “Il mio calvario, attraversato perché lo dovevo a mia figlia, dimostra che il cittadino qualunque può davvero cambiare le cose dal basso. Il regalo di Eluana, il più grande, è che oggi chiunque potrà rivendicare il diritto fondamentale di disporre della propria vita, libertà che nessuno può toccare”.
L’Associazione Luca Coscioni è una associazione no profit di promozione sociale. Tra le sue priorità vi sono l’affermazione delle libertà civili e i diritti umani, in particolare quello alla scienza, l’assistenza personale autogestita, l’abbattimento della barriere architettoniche, le scelte di fine vita, la legalizzazione dell’eutanasia, l’accesso ai cannabinoidi medici e il monitoraggio mondiale di leggi e politiche in materia di scienza e auto-determinazione.