La laicità che migliora Torino

Silvio Viale

Quando giunse a Torino, come confessa "con un po’ di timore", Severino Poletto sapeva di trovare una città con uno spirito laico, impregnato dall’azione dei santi sociali e dalla storia del sindacalismo operaio, impegnati in un’opera di forzato rinnovamento in una Torino in continua evoluzione. Una contaminazione positiva che ha sempre mantenuto separate le faccende di Chiesa da quelle che competono alla scelte di vita quotidiana.

Fino all’arrivo di Poletto la Chiesa torinese, pur subendo le polemiche dei laici sui temi etici, aveva sempre privilegiato l’impegno sociale che tende a non guardare la fede politica o sportiva del bisognoso. Del resto lo spirito laico di una città così restia a farsi ingabbiare è ben rappresentato, non solo dalla bassa percentuale di cattolici praticanti, ma dalla scarsa adesione dei torinesi a tutti i partiti. Sarà per colpa di una certa diffidente ritrosia dei torinesi, ma è probabile che sia l’indice di un’apertura e di una tolleranza virtuosa che non si lascia trascinare dalla politica e dalla Chiesa. Proprio perché rispetto le opinioni del cardinale, debbo ammonire che l’ammiccamento sui temi sociali da parte della Chiesa non può esimermi dal sottolineare quella laicofobia che trasuda da ogni suo intervento. Pochi giorni fa si lamentò per "il luttuoso primato di avere sperimentato a Torino la pillola abortiva" – cosa peraltro neanche vera, essendo già stato fatto a Milano tra l’89 e il ‘91 – e ricordo come nel 2000 si scatenò contro un ordine del giorno per l’eutanasia da me proposto e approvato dal Comune. Né parlerò a San Giovanni annunciò, accusandomi di "inciviltà", e io, pur febbricitante, andai ad ascoltare. Ascoltare, sì, questa è la parola magica, perché il laicismo non è il volto del demonio e laicità e laicismo non possono che andare a braccetto. Il laicismo è solo un’espressione più rigorosa della laicità che è invece un principio supremo dello Stato e dalle Istituzioni. In questi 10 anni a Torino sono aumentati i non credenti e i diversamente credenti, si sono moltiplicate le comunità religiose cristiane e non cristiane, sono diminuite le persone che seguono i precetti della Chiesa. Sono pure aumentate le persone che amano definirsi cattoliche, ma affollano i luoghi diurni e serali che un buon cattolico non dovrebbe. Vi è una emarginazione sociale sempre più nascosta, dai senza fissa dimora, ai tossicodipendenti, dagli immigrati più umili a chi di fronte all’opulenza mostrata in tv si rifugia nella ristretta riservatezza di casa. C’è però anche una grande Torino che spera in maggiori opportunità e diritti per tutti, che non riempie né chiese né sedi di partito. Non una Torino da convertire, non un laicismo da scomunicare, ma una Torino da capire. Coraggio Cardinale, sono certo che con un po’ di laicità può scoprire una città ancora migliore