Italiani brava scienza

L’Espresso
Nicola Nosengo

Sembrava fatto apposta. Nell’anno del 60esimo anniversario della scoperta della doppia elica del Dna, e in quella stessa Università di Cambridge dove James Watson, Francis Crick e Maurice Wilkins fecero l’impresa, qualcuno riscopre la molecola fondamentale della vita. Dimostrando che oltre a quella struttura a doppia elica rivelata nel 1953, il Dna può averne anche un’altra, addirittura a quadrupla elica. Non solo, ma la prima firma sulla ricerca (pubblicata su “Nature Chemistry”) è di una giovane biochimica, quasi a vendicare una sua collega di tanti anni fa, quella Rosalind Franklin che contribuì (quanto, è tema di discussione da anni) alla scoperta del Dna ma finì” eclissata” dai tre colleghi maschi, che tennero per sé firma e successivo Nobel.

Nemmeno a studiarlo a tavolino si poteva trovare un modo migliore per celebrare il compleanno del Dna. Fatto sta che la biochimica in questione è un’italiana, Giulia Biffi da Pavia, di 26 anni. E così va a finire che la prima domanda che le fai non riguarda il Dna, eliche doppie o quadruple, Watson, Crick e la Franklin ma: perché non in Italia? «Il denaro”, risponde con tranquillità. «In Inghilterra c’è più possibilità per fare ricerca, e il fatto che qui grazie al denaro puoi permetterti di rischiare. In Italia non te lo puoi permettere, è molto difficile lavorare su un progetto che potrebbe richiedere 10, 20 anni per dare risultati».

E l’altra faccia della scarsità di fondi della ricerca italiana: anche se i nostri ricercatori sono bravissimi a sfruttare al meglio le poche risorse, la verità è che finiscono a volte per essere conservativi, investendo quei pochi soldi su progetti che danno garanzia di risultati. Ma per fare grandi scoperte bisogna anche correre il rischio di finire ogni tanto in un vicolo cieco. O di puntare su qualcosa che avrà qualche utilità solo tra molti anni. E così, mentre ancora studiava per la laurea specialistica al collegio Ghislieri di Pavia, Giulia prende al volo la possibilità di uno scambio di due settimane con il collegio St John di Cambridge. All’università si è interessata soprattutto dei telomeri (le parti finali dei cromosomi, quelle che accorciandosi via via fanno da orologio interno delle cellule e ne regolano l’invecchiamento),così trova e contatta un ricercatore che se ne occupa da anni, Shankar Balasubramanian, al dipartimento di Chimica di Cambridge.

«Non dovendomi pagare è stato contento di farmi lavorare. E visto che il laboratorio mi era piaciuto molto, dopo la laurea ho fatto richiesta di dottorato e mi hanno preso… La caccia alla quadrupla elica a dire il vero non rientrava nei suoi programmi, ma il capo ci lavorava da più di dieci anni, «e volevo fare qualcosa che Io facesse felice», scherza Giulia. Già perché il quadruplo Dna per gli specialisti del ramo non era proprio una sorpresa. Molti erano riusciti a crearlo “a tavolino”, ma Balasubramanian invece sospettava che si formasse regolarmente anche nelle cellule umane, e proprio nei dintorni dei suoi amati telomeri. Mancava però un modo per stanarlo, separandolo dal più famoso cugino a doppia elica. Quello che ha trovato Biffi.

Provando e riprovando, Giulia ha trovato un anticorpo che si lega solo alla quadrupla elica, e non alla doppia. Messo in una coltura di cellule umane, quell’anticorpo ha dimostrato che di Dna a quadrupla elica ne abbiamo parecchio, e in molti punti diversi del genoma. Troppi perché sia solo il risultato di errori occasionali di trascrizione. Deve avere qualche funzione. Quale, non lo sappiamo ancora. Molti indizi fanno pensare che abbia a che fare con il processo di divisione cellulare, proprio quello che non funziona a dovere quando compare un tumore.

In futuro il quadruplo Dna potrebbe allora servire a “marcare” i punti in cui la replicazione cellulare è più veloce, o anomala, per diagnosticare prima i tumori o dirigere terapie mirate solo sulle cellule malate. Ma, appunto, è ancora tutto molto lontano. Biffi continua a lavorarci in quel di Cambridge,poi magari in America. Qualche speranza di tornare in Italia? «Al momento non credo proprio.