Io, come Welby, dico si al testamento biologico

lettera di Donatella Chiossi

Vivo a Reggio Emilia e sono immobilizzata e tracheostomizzata, a differenza di Pier Giorgio Welby posso muovere solo gli occhi e scrivere attraverso un complesso sistema elettronico scegliendo le lettere con le pupille per comporre le parole. Vi scrivo dopo il recente convegno con più di 1000 partecipanti dove ho introdotto la discussione sul Testamento Biologico (tra il filosofo Giulio Giorello e il prof. Ignazio Marino) per dire che l’autoderminazione nella scelta delle cure è sancita dalla Costituzione, articolo 32.

E questo diritto va esteso anche alle tecnologie esterne al proprio corpo (ad esempio la tracheostomia). In questo caso l’interruzione della terapia non significa uccidere ma accettare la fine naturale. Se il paziente è invece in coma e senza possibilità di recupero dell’integrità intellettiva, occorre assolutamente introdurre il testamento biologico, che dà indicazioni sulla reale volontà del paziente quando era ancora cosciente. Questa legge è necessaria per non lasciare la scelta al singolo medico quando si trova davanti a un malato in condizioni di `non ritorno` e per stabilire una collaborazione con i familiari, attraverso la figura del fiduciario (persona con la quale il paziente ha avuto rapporti continui e di affetto, non necessariamente un familiare). I possibili conflitti tra medici e familiari infatti non devono andare in tribunale ma essere risolti all’interno dell’ospedale. (seguono 1.042 firme)