Intervista ad Armando Spataro – Invasione della politica Il decreto non difende il diritto alla salute

La Stampa
GUI. RUO.

I suoi ricordi sono dei flash: «Avrò avuto dodici, tredici anni quando fu posata la prima pietra dello stabilimento. Ricordo l’entusiamo contagioso della città, la sua rinascita economica, il rapido sviluppo del porto mercantile diventato uno dei più importanti del Mediterraneo, l’euforia per le migliaia e migliaia di assunzioni». Armando Spataro uno dei più autorevoli pm italiani, è tarantino. Come lo sono altri due suoi colleghi, Franco Ippolito e Giancarlo De Cataldo (oggi scrittore affermato).

«In queste settimane – confessa Spataro – seguiamo tutti e tre con molta apprensione gli sviluppi della situazione». E da magistrato, il pm che è stato in prima linea sul fronte dell’antiterrorismo e che ha mandato a processo gli uomini Cia e del Sismi per il sequestro dell’egiziano Abu Omar, è solidale con i colleghi tarantini: «Il probema dell’inquinamento ambientale a Taranto è noto da decenni, ma la politica non è intervenuta e la magistratura si è ritrovata ad essere parafulmine di mille tensioni».

Procuratore Spataro, siamo alle solite? Una invasione di campo del governo sulle inchieste? «Quello che è più grave è che ancora una volta i magistrati stanno svolgendo un ruolo di supplenza. A fronte di passività e silenzi, quasi che i rischi per la salute delle persone non esistessero o dovessero cedere di fronte alle logiche del mercato, la magistratura è stata costretta a intervenire perché in Italia vige il principio dell’obbligatorietà dell’azione penale».

Prima di emigrare al Nord, quale ricordo conserva della sua vita a Taranto e del rapporto della città con l’acciaieria che prima di diventare Ilva, nel 1996, per 36 anni è stata Italsider? «Flash, ricordi che vanno dall’economia che decolla all’ambiente che si deteriora».

Da subito l’Italsider ha cominciato a inquinare? «Immagino di si. Se penso a quegli anni, il ricordo nitido è una fotografia panoramica nella quale si vedono le ciminiere espellere fumi giallastri e poi tanta polvere sull’asfalto, polvere rossa e gialla che trovavi dappertutto, prima nel quartiere Tamburi e poi anche sul lungomare cittadino. Da ragazzi andavamo sulla spiaggia di Chiatona, ma quando passavamo davanti all’Italsider la strada era sommersa di quella polvere. Ricordo la gravina di Statte, nostra meta da scout. Anche quando con la moto andavo all’Università di Bari passavo dall’Italsider. Ed in ogni flash c’è sempre la polvere rossa… E come se quella polvere e quei fumi fossero diventati elementi costitutivi del mio vivere a Taranto». Lei non era ancora magistrato e in quegli anni Sessanta la cultura sindacale o anche le conoscenze mediche diffuse non sapevano nulla sull’inquinamento, sulle diossine o il benzoapirene dell’Italsider… «E vero, non avevamo ancora acquisito le conoscenze che il pretore Amendola e il pm Guariniello hanno poi favorito. Io stesso, non ho problemi a riconoscerlo, ero praticamente ignorante in materia di inquinamento ambientale». Arriviamo ai giorni nostri.

Da magistrato tarantino solidarizza con i suoi colleghi che indagano sul disastro ambientale provocato dall’Ilva? «Li ammiro. I colleghi di Taranto hanno dimostrato la capacità di far fronte agli obblighi imposti dalla Costituzione. Li ammiro anche per la sobrietà dimostrata in queste settimane. Con il decreto legge è stato messo in discussione il primato del diritto alla salute su quello del diritto al lavoro». Se si esclude il comunicato dell’Anm, le prese di posizione del suo numero due, Maurizio Carbone, attorno alla vicenda Ilva è scesa una cortina di silenzio… «Il magistrato deve essere indifferente al consenso come alla solitudine. Ma di fronte a un decreto legge che mette in discussione le conclusioni delle perizie epidemiologiche e chimiche che sono state discusse nell’incidente probatorio, autorizzando la produzione anche prima della messa in sicurezza degli impianti, l’Anm ha fatto bene a intervenire».

Siamo di fronte a un decreto legge incostituzionale? «Di certo, con il decreto siamo all’interferenza del potere legislativo nei confronti del potere giudiziario. Leggeremo con attenzione il decreto legge che sarà pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. E ora possibile che da Taranto possa essere sollevato un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato davanti alla Corte costituzionale o anche messa in discussione la incostituzionalità del decreto sotto diversi profili. Una situazione difficile soprattutto se si pensa ai diritti dei lavoratori dell’Ilva: a tutti i loro diritti».