Il paese delle carceri inumane

Luigi Manconi, Andrea Boraschi

Se mai fosse necessario un ulteriore motivo per spiegare le molte ragioni delle visite nelle carceri italiane, promosse in questi giorni dai radicali, si consideri quanto segue. Izet Sulejmanovic sarà risarcito dallo Stato italiano per essere stato detenuto nel carcere di Rebibbia, tra il novembre del 2002 e l`aprile del 2003, in condizioni che qualificano un «trattamento inumano e degradante». Lo ha deciso la Corte per i diritti dell`uomo di Strasburgo, il 17 luglio scorso, con una sentenza che potrebbe aprire la strada a una selva di ricorsi promossi da chi, negli istituti di pena italiani, patisce condizioni di reclusione analoghe, divenute tragicamente normali benché in aperto contrasto con le leggi nazionali, i regolamenti penitenziari e, appunto, gli standard minimi previsti dagli organismi sovranazionali. Se così accadesse, suggerisce l`Associazione Antigone, lo Stato rischierebbe di spendere, per lo meno, 64 milioni di euro di indennizzi. La storia si riassume con mere formule aritmetiche: secondo la Corte di Strasburgo ogni detenuto ha diritto a 7 metri quadrati di spazio se recluso in cella singola e a 4,5 metri quadrati se in cella multipla; Sulejmanovic viveva in una cella di 16,20 metri quadrati con altri 5 detenuti. La vita trascorsa da quell`uomo, qualche anno fa, in uno spazio tanto angusto è la vita di grandissima parte degli oltre 63.500 detenuti attuali, una cifra che supera di 20.000 unità la capienza regolamentare dei nostri istituti e che, ormai, travalica anche il margine così detto di "tolleranza" (un "tetto" ulteriore, fissato a circa 62.000 unità, che invero qualifica una condizione in cui di tollerabile non c`è più nulla). L`affollamento delle carceri, questione derubricata a genere giornalistico ferragostano, non è comunque mera questione di "spazio": esso coincide con una pletora di mali (promiscuità, scarse condizioni igieniche, difficoltà di accesso alle attività formative, di relazione con la direzione e con il personale; e, poi, carente assistenza sanitaria e psicologica) che smentisce pienamente la funzione rieducativa che la costituzione assegna alla pena. Di solito si risolve tutto parlando della costruzione di nuove carceri: un po` come pensare di arginare la falla di una condotta idraulica correndo ad acquistare una grande quantità di secchi. Intanto, a migliaia di chilometri da qui, lo stato della California, dovrà rimettere in libertà 43mila detenuti nei prossimi due anni; lo ha deciso una corte locale sanzionando l`affollamento penitenziario e riconoscendo come esso violi i diritti costituzionali dei detenuti e determini condizioni "criminogene". A proposito, a Roma, è finito in carcere un senza tetto che deve scontare tre mesi per aver rubato, tre anni fa, in un supermercato, un filone di pane. Quando si dice la certezza della pena. 

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