Il pacemaker che salva il cervello

Panorama
Daniela Mattalia

Andrew Johnson ha solo 39 anni e il Parkinson da quando ne aveva 35. La sua storia è online, condensata in un video postato sul suo blog dove mostra ciò che lo ha salvato: un telecomando che tiene in mano e con cui accende la sua vita. On/off. On, parte la carica a un neurostimolatore impiantato nel cervello: i sintomi del Parkinson, tremori ininterrotti e violenti, si spengono nel giro di pochi secondi. Off, e l’incubo ricomincia immediatamente. Il video di Andrew ha fatto il giro di Internet, anche se la tecnica, chiamata stimolazione cerebrale profonda, non è nuova. Viene utilizzata in caso di Parkinson e, oggi, anche per altre malattie come depressione e cefalea gravi e resistenti ai farmaci, e per certe forme di distonia (contrazioni muscolari). Nel Parkinson il pacemaker, impiantato sotto la clavicola, invia impulsi elettrici a un microelettrodo inserito, con un intervento chirurgico di alcune ore, nel cranio. «Su circa 200 mila malati in Italia, un 5 per cento ha il pacemaker cerebrale» dice Alberto Albanese, direttore dell’Unità di disturbi del movimento dell’Istituto neurologico Besta di Milano. « Noi ne applichiamo una cinquantina l’anno, in pazienti selezionati. Spesso hanno un Parkinson di origine genetica. E in futuro puntiamo su pacemaker adattivi, in grado di automodulare la propria attività in base alle reali esigenze di quel paziente, in quel preciso momento, senza che sia lui ad accenderlo».