Andrew Johnson ha solo 39 anni e il Parkinson da quando ne aveva 35. La sua storia è online, condensata in un video postato sul suo blog dove mostra ciò che lo ha salvato: un telecomando che tiene in mano e con cui accende la sua vita. On/off. On, parte la carica a un neurostimolatore impiantato nel cervello: i sintomi del Parkinson, tremori ininterrotti e violenti, si spengono nel giro di pochi secondi. Off, e l’incubo ricomincia immediatamente. Il video di Andrew ha fatto il giro di Internet, anche se la tecnica, chiamata stimolazione cerebrale profonda, non è nuova. Viene utilizzata in caso di Parkinson e, oggi, anche per altre malattie come depressione e cefalea gravi e resistenti ai farmaci, e per certe forme di distonia (contrazioni muscolari). Nel Parkinson il pacemaker, impiantato sotto la clavicola, invia impulsi elettrici a un microelettrodo inserito, con un intervento chirurgico di alcune ore, nel cranio. «Su circa 200 mila malati in Italia, un 5 per cento ha il pacemaker cerebrale» dice Alberto Albanese, direttore dell’Unità di disturbi del movimento dell’Istituto neurologico Besta di Milano. « Noi ne applichiamo una cinquantina l’anno, in pazienti selezionati. Spesso hanno un Parkinson di origine genetica. E in futuro puntiamo su pacemaker adattivi, in grado di automodulare la propria attività in base alle reali esigenze di quel paziente, in quel preciso momento, senza che sia lui ad accenderlo».
L’Associazione Luca Coscioni è una associazione no profit di promozione sociale. Tra le sue priorità vi sono l’affermazione delle libertà civili e i diritti umani, in particolare quello alla scienza, l’assistenza personale autogestita, l’abbattimento della barriere architettoniche, le scelte di fine vita, la legalizzazione dell’eutanasia, l’accesso ai cannabinoidi medici e il monitoraggio mondiale di leggi e politiche in materia di scienza e auto-determinazione.