Mentre il parlamento belga dà risposte a una richiesta, da noi si grida allo scandalo per non fare nulla
Primo caso di eutanasia su un minore in Belgio, e subito ritornano le dichiarazioni scandalizzate di quando fu approvata la legge nel 2014. Il Belgio diventa il Paese dove si uccidono i bambini, culmine di aberrazione della società contemporanea «Erode, strage degli innocenti», «Dilaga ormai la cultura dello scarto», sono alcune delle dichiarazioni che abbiamo di nuovo dovuto leggere in queste ore. Forse faremmo meglio a porci una domanda semplice: in Italia, di fronte a un caso come quello belga, che risposta avremmo dato?La risposta è: nessuna.
Il caso previsto dalla legge belga è preciso. C’è un giovane minore che subisce una sofferenza insopportabile provocata da una malattia incurabile che a breve lo porterà alla morte. Chiede di poter morire addormentandosi senza dolore. Sono d’accordo entrambi i genitori e i medici curanti, che ne accertano sia le condizioni fisiche che quelle psichiche, assicurandosi che sia in grado di intendere e di volere e che non siano possibili interventi di altro tipo. In Italia, noi (cioè la legge, lo Stato) ci giriamo semplicemente dall’altra parte. Come se non fare nulla non fosse una scelta quella di imporre alla persona minore, ai suoi genitori e ai medici di andare avanti così, fino alla fine «naturale» (?).
In Belgio, invece, si sono assunti la responsabilità di ascoltare la richiesta e di accoglierla. La responsabilità se l’è assunta un Parlamento democratico, che già nel 2002 aveva legalizzato l’eutanasia per le persone maggiorenni e che, sulla base dell’esperienza e con il pieno consenso dell’opinione pubblica, ha ora deciso di estendere tale facoltà per casi limite di persone minori. Che si tratti di casi limite è provato dal fatto che quello reso noto oggi è il primo dopo oltre due anni dalla nuova legge del 2014. Il Parlamento italiano invece – a oltre trent’anni dalla prima proposta di legge di Loris Fortuna, a 10 anni dalla lotta del radicale Piero Welby e a tre anni esatti dal deposito della nostra legge di iniziativa popolare «Eutanasia legale»- non ha fatto nulla: non un dibattito, non una audizione su come funzionano le cose nei Paesi che hanno legalizzato.
Si è cominciato a riparlare di testamento biologico in Commissione Affari Sociali, ma l’eutanasia è ferma da marzo in Commissione. «Il Parlamento non dovrebbe ignorare il problema delle scelte di fine vita e eludere un sereno e approfondito confronto di idee sulle condizioni estreme di migliaia di malati terminali in Italia» dichiarò l’allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel 2014. Anche il suo richiamo cadde nel vuoto. Nel frattempo, il servizio pubblico dell’informazione radiotelevisiva non ha mai organizzato un confronto televisivo sulle ragioni a favore e contro la legalizzazione, nonostante tutti i sondaggi confermino una netta maggioranza di Italiani pronta a scegliere buone regole contro la clandestinità. Il confronto tra Belgio e Italia è tutto qui: una classe politica che discute e decide e un’altra che infila la testa sotto la sabbia, gridando a Erode solo per continuare a comportarsi come Ponzio Pilato.
Marco Cappato è Tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, Presidente di Eumans, co-fondatore di Science for democracy, promotore del Congresso mondiale per la libertà di ricerca, della campagna Eutanasia legale, di StopGlobalWarming.Eu. Laureato in Economia, è stato deputato europeo radicale e Consigliere comunale e metropolitano a Milano.