II calciatore malato di Sla fa lo sciopero della fame

Messaggero Veneto
Viviana Zamarian

Sono già trascorse 48 ore da quando l’ex calciatore Stefano Marangone, afflitto da dieci anni dalla Sla, ha iniziato lo sciopero della fame. Un’azione di protesta la sua, come quella di altri cinquanta disabili gravissimi in tutta Italia, per chiedere maggiore attenzione al Governo. Un gesto estremo per reclamare solo la dignità di poter essere curato a casa circondato dall’affetto dei familiari con un notevole risparmio rispetto ai costi che si avrebbero in una struttura. Da domenica Stefano ha iniziato a diminuire del 20% la sua nutrizione, nei prossimi giorni del 10% a scalare. Fino a quando l’incontro congiunto coi rappresentanti dei tre Ministeri coinvolti, Economia, Salute e Welfare, promesso in aprile al comitato nazionale “16 Novembre”, dopo tre sit-in a Roma, non sarà convocato. Incontro necessario visto che, pur avendo il governo destinato parte dei 658 milioni della legge sulla Spending Review alla non autosufficienza, manca ancora un piano per la destinazione delle risorse. Manca, insomma, qualcosa di concreto e definitivo su cui le famiglie possano contare. Di fronte al silenzio delle istituzioni, di fronte alle risposte non date, alle promesse non mantenute, i malati hanno deciso di farsi sentire. Perché di tempo, per chi deve continuare a lottare da solo, ne è passato già troppo. «Sarà uno sciopero a scalare e sarà monitorato dai medici di famiglia» ci spiega Stefano muovendo gli occhi sul suo pc mentre le frasi vengono lette da un sintetizzatore vocale. Accanto a lui siede la moglie Paola Ecoretti, al suo fianco come sempre, per sostenerlo in questa battaglia. «E davvero assurdo dover arrivare a questo punto — ci dice – siamo stanchi di non avere risposte. Quelle risorse, sommate ai fondi che la Regione ha stanziato per i disabili gravissimi ci consentirebbero di far fronte con maggior sicurezza e serenità agli elevatissimi costi dell’assistenza continua, ci permetterebbero di essere autosufficienti». I malati, inevitabilmente si sentono abbandonati da chi invece dovrebbe tutelarli. «Se l’Italia si ritiene davvero un paese civile non deve più considerarci come un costo» sottolinea l’ex calciatore. Stefano è l’unico in Regione a portare avanti lo sciopero della fame. Un’azione, come ci tiene a sottolineare, che viene fatta da lui come dagli altri disabili gravissimi «a favore di tutti i malati di Sla, distrofia muscolare e sclerosi multipla e di tutti coloro che hanno bisogno di assistenza continua e di conseguenza necessitano di risorse per andare avanti». Nonostante la difficoltà di disporre di ciò di cui si avrebbe semplicemente diritto, Stefano e Paola non si arrendono. Fiduciosi e uniti più che mai. Una fiducia che arriva loro dall’affetto di amici e di parenti ma anche dal legame che sono riusciti a creare con i malati di diverse Regioni. Un legame che dà forza, che dà coraggio. Ci sono, del resto, ancora tanti sogni da realizzare. «Quello più grande – ci dice Paola – sarebbe l’acquisto di un mezzo attrezzato per consentire a Stefano, ma anche a tutti gli altri malati della nostra Regione di potersi muovere». «Sarà dura —aggiunge Stefano – ma la speranza c’è sempre». Viviana Zamarian

CHI E’

Per 25 anni è stato uno dei protagonisti dei campi da calcio dilettantistici di tutto il Friuli. Prima a Palmanova, poi a Talmassons, Rivignano, Vanno, Latisana e Teor. Una passione, quella per il pallone, che lo accompagnava da sempre. Un bomber di altri tempi, Stefano Marangone, 46 anni, che per due volte vinse la classifica cannonieri in prima e seconda categoria. La stagione del 2002 per lui sarebbe stata l’ultima. Giocava nel Lavarianmortean quando iniziò ad avvertire i primi sintomi. Le gambe che non rispondevano più e qualche difficoltà nell’articolazione della parola. Conseguenze dello stress si pensò in un primo momento poi, dopo gli accertamenti all’ospedale di Udine, arrivò la diagnosi. Stefano era affetto dalla Sla. Nel giro di pochi mesi giunse la paralisi. Ben presto dovette abbandonare il lavoro come impiegato in un’azienda metalmeccanica di Rivignano. Dopo due anni e mezzo fu costretto a ricorrere alla Peg, ovvero al tubicino nello stomaco per l’alimentazione, e dopo tre anni alla tracheostomia con ventilazione meccanica. Ora da dieci anni vive immobilizzato a letto, nel suo appartamento in via Zardin, assistito costantemente dalla moglie Paola e dalla badante. La sua finestra sul mondo, quella che gli permette di comunicare e che ieri gli ha consentito di esprimere le ragioni della sua protesta, è un pc “a tracciatura oculare” dove i comandi, sullo schermo, possono essere selezionati solo muovendo gli occhi, mentre una tastiera virtuale consente di scrivere le frasi che poi sono lette da un sintetizzatore vocale.