"GRAZIE ALLA CLONAZIONE VINCEREMO L'ALZHEIMER" (La Nazione)

<i>Parla il «padre» della cavalla Prometea. Cesare Galli svela i misteri del Dna</i>

<b>13 Ottobre 2003</b> – Il toro Galileo? «Gode ottima salute: si trova qui in Toscana, vicino a Pisa, nel centro Ciz di San Miniato». Cos'hanno in comune il toro Galileo e la cavalla Prometea? «In entrambi i casi si tratta di animali clonati, come gli altri otto bovini frutto della nella nostra ricerca», spiega Cesare Galli (nella foto), una laurea in medicine veterinaria, cinque anni di esperienza a Cambridge, prima di rientrare a Cremona, dove ha fondato e dirige il Laboratorio di tecnologie della riproduzione. Ieri pomeriggio Cesare Galli, professore associato all'Università di Bologna, ha partecipato a uno degli incontri sulla clonazione organizzati all'Istituto Stensen.
Per quale motivo, professore?
«Ho accettato l'invito per spiegare le ragioni della scienza: uno dei nostri compiti è quello di instaurare un clima di comprensione con il resto del mondo».
Che non vi guarda di buon occhio…
«Il problema è che si confonde la scienza con la fantascienza: è difficile scalzare l'atavica abitudine secondo la quale tutto quello che non si conosce fa paura».
E cos'è la clonazione, professor Galli?
«La clonazione è solo una delle tante branche della scienza: nel mio caso si tratta di applicarla alle tecniche di riproduzione degli animali. Ma il mondo sembra vivere tutto questo con un forti implicazioni emotive».
La cosa non stupisce, quando si pensa che è possibile "duplicare" un essere vivente grazie a un ovocita.
«E' bene chiarire che anche nel caso di soggetti clonati, non è certo come fare uno fotocopia. Il toro Galileo, la cavalla Prometea sono comunque diversi dalla matrice che ha fornito la cellula uovo, se non altro per l'età».
Esistono altri fattori?
«Certamente, l'ambiente, il carattere, le attitudini influenzano un essere vivente, animale o essere umano esso sia. Non siamo fatti solo di Dna: i cloni che si fanno con trapianto di nucleo possono avere ulteriori differenze. Quello della copia perfetta è solo un miraggio».
E cosa pensa, professore, della selezione di embrioni umani?
«E' un tasto difficile: innazitutto occorre una legge, come esiste in Gran Bretagna, ad esempio. Ma se la scienza offre la possibilità di individuare patologie legate al sesso sull'embrione, trovo giusto approfittarne».
Il fine della vostra ricerca?
«Il nostro sponsor sono gli allevatori, perché l'Università non ha fondi da dedicarci, e il loro fine è la clonazione di tori. A lungo temine il nostro obiettivo è generare cellule staminali partendo da cellule adulte, differenziate, per curare le malattie del sistema nervoso. Piaghe come il Parkinson e l'Alzheimer».

<i>di Letizia Cini</i>