Gli ultimi giorni a casa e senza soffrire

Corriere della Sera
Maria Giovanna Faiella

Ricevere a casa cure palliative, per non soffrire a causa di una malattia che non può guarire: è un diritto che è stato riconosciuto dalla legge 38 del 2010 nell’ambito dei Livelli essenziali di assistenza, le prestazioni che vanno garantite ai cittadini. Ma, a distanza di tre anni, lo è davvero per tutti? Un’indagine di Agenas, l’Agenzia nazionale per i servizi regionali, ha verificato per la prima volta il reale sviluppo delle Reti di cure palliative. Ebbene, su 177 Unità di cure palliative domiciliari che hanno risposto volontariamente all’indagine, più di una su tre non rispetta ancora alcuni requisiti stabiliti dall’Intesa Stato-Regioni’ (25 luglio 2012) attuativa della legge 38: per esempio, avere personale medico e infermieristico dedicato, redigere un piano assistenziale “su misura” per ogni malato, avere Reti di assistenza per garantire la continuità delle cure. Le Unità di cure palliative domiciliari, poi, sono poco diffuse, soprattutto al Sud e al Centro. «Le strutture sono distribuite a macchia di leopardo e hanno un’organizzazione eterogenea — afferma il presidente della Federazione cure palliative onlus, Luca Moroni, che ha fatto parte del board scientifico della ricerca —. Ora, il recepimento da parte delle Regioni della normativa nazionale dovrebbe aiutare a superare queste differenze. Del resto, ricevere un’assistenza domiciliare adeguata è un diritto di tutti i cittadini a qualsiasi età, per ogni patologia e in tutte le aree del Paese. E l’assistenza domiciliare fa anche risparmiare evitando ricoveri impropri». Altra nota dolente emersa dall’indagine è la continuità di cura tra ospedale, hospice e domicilio. «L’assistenza domiciliare non sempre è assicurata nei giorni festivi e di notte — riferisce Moroni —. L’indagine, però, ha evidenziato che in alcune realtà viene garantita, quindi che è possibile farlo». Conferma Gianlorenzo Scaccabarozzi, vicepresidente della Commissione nazionale cure palliative e terapia del dolore, istituita presso il ministero della Salute: «Esistono strutture con livelli di assistenza elevati ed équipe multidisciplinari con psicologi, assistenti sociali e volontari, oltre a medici e infermieri: forniscono cure sette giorni su sette, 24 ore su 24». Proprio da queste vuole partire Agenas per stimolare la diffusione di buone pratiche. «L’obiettivo è attivare a breve un Osservatorio nazionale che consentirà ai cittadini di conoscere le strutture presenti e i servizi che offrono — dice Scaccabarozzi —. Le realtà meno virtuose potranno beneficiare del confronto con altre esperienze e correggere le criticità per dare risposte adeguate agli assistiti».