Gli scienziati e le staminali: <>

Autocritica dei ricercatori dopo gli annunci sbagliati. Le più esposte al rischio sono le imprese private. «Pressioni per riuscire ad ottenere finanziamenti». La gaffe di «Nature» sugli embrioni. Gli studiosi italiani: «Non c’ è frode, ma quanti errori». «Però chi fa il furbo esce dal giro.»

«Nessuno di noi se cerca fondi si sognerebbe mai di scrivere un articolo al naturale, senza aggiungerci la salsa. Rischierebbe di non vederlo accettato dalle riviste che contano. E se non arrivi su quelle pagine diventa difficile ottenere soldi». Giulio Cossu insegna istologia all’ università di Milano, ha appena consegnato alle stampe un lavoro sulla distrofia dei cani trattata con staminali e, col biologo Marco Tripodi, tiene un corso di bioetica su «Metodo, errore e frode» in cui analizza tre modi di fare e riferire la scienza.

Nella sua catalogazione la ricerca lanciata da Nature dove l’ americano Robert Lanza ha presentato una tecnica per creare staminali senza distruggere embrioni rettificando in un successivo intervento («non restano intatti»), sarebbe classificato tra i «peccati veniali». «Non è stata una vera e propria frode – dice Cossu – Lanza ha forzato la mano, ha usato toni giornalistici, ha colorito un po’ la verità, spinto dalle regole del mercato. Ricordiamo che la sua è una company privata, l’ Advanced Cell Technology». Così funziona. Se fai il serio, il rigoroso a meno di non avere tra le mani la scoperta dell’ anno non vai in prima pagina e magari corri il pericolo che i tuoi studi non vengano accettati dai vari Nature, Science o Lancet.

Così funziona soprattutto negli Usa dove il datore di lavoro (istituzione pubblica o privata che sia) esercita sul dipendente una pressione molto forte affinché si dia da fare per farsi assegnare denaro. «E’ un sistema avventuristico, ma paga perché su cento lavori, 80 sono mezze bufale, 10 contano davvero», fa le percentuali Luigi Frati, prorettore dell’ Università La Sapienza. L’ approccio di Lanza, secondo Frati, deve essere stato quello di giocare «sull’ equivoco, sul dire e non dire». Far credere con frasi poco circostanziate che gli embrioni non erano stati distrutti, contando sulla debolezza degli editor a prediligere le scoperte bomba. E poi rettificare.

«Di articoli che compaiono su testate prestigiose e poi risultano falsi, volontari o involontari, è piena la letteratura scientifica», non si stupisce Elena Cattaneo, università di Milano, in volo per Londra dove partecipa al primo meeting per un progetto europeo sulle staminali embrionali. A volte arriva la smentita, altre no. Ma non sempre c’ è dolo: «L’ errore fa parte del processo di autocorrezione. Spesso ci sono comunicazioni che sfuggono dalle mani. Certo è che ci vorrebbe più serietà nel divulgare scoperte con poca scienza e molto scienza appeal». Guarda l’ altra faccia della medaglia Cesare Peschle, capo dipartimento ematologia all’ istituto Superiore di Sanità: «Archiviamo l’ immagine del ricercatore chiuso nella torre d’ avorio. Non sarebbe giusto sottrarre del tutto i laboratori alle pressioni sociali, economiche o politiche. La comunità scientifica non è cieca e sa autoregolarsi. Fra di noi chi inganna esce dal giro per sempre».