Fondi per la ricerca: un pò di respiro ma non basta a colmare i ritardi

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Roberto Defez, Consigliere Generale di ALC, ha pubblicato a sua firma un articolo su La Stampa per commentare la scelta encomiabile della Ministra Fedeli di stanziare 400 milioni di euro per la ricerca di base, come già richiesto in tempi non sospetti – febbraio 2017 – anche dalla nostra associazione con una lettera di Filomena Gallo e Marco Cappato, cui ha fatto seguito un appello per decuplicare i fondi alla ricerca scientifica firmato da numerose personalità.

Oggi sembra che finalmente la rotta sia cambiata: ma l’obiettivo dev’essere continuare su questa via, perchè a conti fatti siamo ancora e sempre il paese fanalino di coda d’Europa rispetto ai fondi destinati alla ricerca.

Dopo anni di stenti e di umiliazioni per la ricerca scientifica italiana la ministra Fedeli annuncia a Cernobbio che ha deciso di stanziare 400 milioni di euro per i progetti Prin, ossia per finanziare la ricerca di base italiana. Questa scelta e questi importi non hanno precedenti in Italia.

I bandi Prin del Miur (ministero dell’Istruzione Università e Ricerca) sono bandi che finanziano la ricerca fondamentale, sia scientifica che umanistica, incentrata su attività delle Università italiane. Fino ad oggi sono stati finanziati pochissimo e inoltre con un costante trend in calo. Nel 2004 i bandi Prin erogavano circa 130 milioni di euro che poi sono andati scemando fino ad essere impalpabili.

Nell’ultimo bando Prin, chiuso nel 2015, sono stati distribuiti 91 milioni di euro, ma solo perché si sono sommati i fondi di tre annualità: ossia i bandi Prin non solo valgono oggi circa 30 milioni di euro l’anno, ma inoltre sono anche episodici. Immaginate ora i temporali autunnali che cadono dopo l’interminabile siccità patita sia in primavera che in estate nelle regioni meridionali: provocano disastri e smottamenti. Il terreno riarso e brullo non trattiene le piogge (che spesso sono anche torrenziali) e così ecco frane e allagamenti. Anche il terreno dei laboratori di ricerca, prosciugato di fondi e con giovani generazioni a cui non si riesce a dare il minimo per sostenerli allo studio e alle ricerche, attende questi finanziamenti per sopravvivere.

Per queste ragioni i fondi per la ricerca hanno bisogno di essere erogati con tempi e scadenze certe e non decisi ogni volta con leggi di bilancio in maniera estemporanea.

Non a caso 250 dei 400 milioni derivano dai fondi accantonati dall’Iit (Istituto Italiano di Tecnologia) che viene finanziato tutti gli anni da 14 anni con circa 100 milioni di euro. Ogni anno quasi cento milioni. Non cambia, non varia, non dipende dalla maggioranza di governo. Tutti gli anni la stessa cifra. Nel caso dell’Iit i fondi in eccesso si sono andati accumulando negli anni: 430 milioni di euro in un conto presso la Banca d’Italia.

Oggi 250 di questi 430 milioni dormienti tornano a bagnare le bocche asciutte dei tanti ragazzi che stanno attraversando il deserto (di stipendi e di fondi per fare ricerca) nei nostri laboratori. Gli altri 150 milioni invece (per arrivare a 400) derivano da «pieghe di bilancio» come ci spiega la farmacologa e senatrice a vita Elena Cattaneo a suggello di una lunghissima ed aspra battaglia che ha condotto in maniera «ostinata e contraria» (citando Fabrizio De André) per recuperare fondi alla ricerca scientifica pubblica.

Pieghe di bilancio.

Non sapevo che un bilancio avesse delle pieghe, pensavo avesse delle pagine e delle tabelle, non delle pieghe. E poi, questo, ha delle pieghe piuttosto capienti!

Si deve sottolineare la scelta della ministra Fedeli di usare tali fondi per Ricerca e soprattutto per la ricerca di base, visto che tantissimi fondi (in testa i fondi Pon) finanziano soprattutto le aziende più che i laboratori di ricerca. Ossia in Italia si assiste al paradosso che invece di essere le imprese a finanziare la ricerca, sono i fondi comunitari e nazionali che finiscono per fare abbeverare le imprese allo stesso pozzo dove cerca di dissetarsi la ricerca italiana. Anzi per i fondi Pon ben il 70% finisce alle aziende e solo un misero 30% alla ricerca pubblica.

La scelta dalla ministra Fedeli è tanto più encomiabile perché avviene in un momento non proprio florido per l’intero Paese. Ma torniamo all’acqua, alle frane e agli allagamenti. Nessuno tema che i 400 milioni siano un’alluvione. La Francia eroga circa 500 milioni di euro l’anno tutti gli anni per la ricerca di base e tali fondi non includono la ricerca umanistica quindi sono circa 20 volte superiori ai fondi erogati con l’ultimo Prin. Nel Regno Unito il sistema è più complesso, ma i fondi annui sono 600 milioni di euro, ossia 24 volte più dell’ultimo Prin nazionale. Non si capisce ancora se questi 400 milioni finiranno in un solo bando, oppure se verranno spalmati su più anni (sì, perché i fondi in Italia si «spalmano»).

Per oggi ci accontentiamo di avere una boccata d’ossigeno, ma da domani si dovrà fare in modo da rendere strutturale questa buona notizia.