Fini: “Niente corse sul fine vita”

finiGiacca bianca a righine azzurre, camicia slacciata, abbronzatura a fare il resto, Gianfranco Fini arriva all’appuntamento finale della Summer School della fondazione Farefuturo a Frascati col piglio leggiardo di chi si appresta a un intermezzo breve tra le parole «weekend» e « Ansedonia». Al collo, per dire il clima, fa penzolare un cornetto rosso di corallo stile vacanze ai tropici. Altro che cravatta. Eppure, nel tempo sottratto al mare (da cui viene, e dove tornerà), il presidente della Camera lascia trapelare messaggi pacificamente precisi.

Per restare non allineato senza farsi arpionare dall’antiberlusconismo. Insomma: «Per costruire il futuro, senza arrendersi alla dittatura del presente», come spiega ai ragazzi della scuola. E, nel frattempo, stare dalla parte di Napolitano («il suo non è un generico appello buonista, è un invito ad avere a cuore l’interesse generale: le istituzioni sono di tutti, non solo della maggioranza»). Messaggi lunghi, dunque. Sul biotestamento per esempio, la cui discussione è cominciata – per esigenze d’immagine, soprattutto – dopo un modesto ma efficace colpo di mano in commissione Affari sociali alla Camera. «Non c’è alcuna accelerazione, sono boutade di voi giornalisti», dice subito. Eppure, come spiegano alcuni tra coloro che su questi temi gli sono più vicini, non si tratta tanto di una smentita, quanto di una indicazione. «Nessuna accelerazione vuol dire: non accelerate», spiegano. Un auspicio, una assicurazione trasmessa a chi già telefona da Roma: accelerare non si potrà. Il perché è presto detto. Ed è lo stesso Fini ad esplicitarlo. «Nel momento in cui si entra nel merito del testo, è tutt’altra cosa», confida. I nodi verranno al pettine: e in questo caso tanto prima, tanto peggio. Del resto, l’ex leader di An non ha mai fatto mistero delle forti perplessità sul ddl uscito dal Senato. Valga per tutti il colpo di lama che gli riservò al primo congresso del Pdl: «Quando si impone per legge un precetto religioso siamo più vicini a uno Stato etico che a uno Stato laico».

 Parlava, allora, proprio di quel testo di cui adesso si discute in commissione Affari sociali. Quindi sì, certo, alla vigilia della pausa estiva Fini può pacificamente spiegare che era già tutto previsto (lo dice anche la Binetti) e non è in corso alcuna accelerazione nel ramo del Parlamento da lui presieduto. Può persino – per la gioia del relatore Di Virgilio – dare a intendere di credere davvero all’equivalenza politica del «fare la relazione introduttiva alle nove di sera o alle nove di mattina». Sta di fatto che, come spiega poco dopo ai suoi, «il testo arriverà in Aula non prima di settembre, e semmai i problemi si manifesteranno lì». È nel plenum della Camera, infatti, che si annida la truppa numericamente più consistente di laici del Pdl. Decine di deputati che, al pari di Fini, non gradiscono alcuni dei passaggi più controversi del biotestamento versione Senato. E che sarebbero pronti a rendere la vita difficile a quel ddl. Non per niente sul testo sono in corso manovre. Sia sul fronte finian-radicale. Sia su quello dei centristi: perfino tra i cattolici dell’Udc, infatti, è diffusa la consapevolezza che un testo così è a rischio «impallinamento». E allora meglio lavorare a «qualche modifica», che rinunciarci del tutto.