Fine-vita, Marino infiamma i laici “Referendum se passa il testo Pdl”

referendumAnnuncio dai Radicali. Bindi: un regalo agli integralisti

Roma – Referendum, se la proposta del Pdl sul testamento biologico diventerà legge. L’annuncio di Ignazio Marino, cattolico e senatore Pd, irrompe nel dibattito già caldo sul fine-vita e surriscalda, entusiasma la platea radicale prescelta, forse non a caso, per lanciare la mobilitazione.

D’altronde, in Parlamento i numeri sono quelli che sono e l’attenzione si sposta già al dopo. E se i tribuni della maggioranza accettano la sfida, sicuri di spuntarla, autorevoli cattolici del Pd – da Enrico Letta a Rosy Bindi a Dorina Bianchi – bocciano la soluzione. Proprio la Bianchi, neo capogruppo in commissione Sanità, sub entrata non senza polemiche proprio a Marino, parla di «grave errore».
Centinaia di persone, qualcuno dice mille, comunque tante per un convegno organizzato su due piedi il sabato mattina da Radio Radicale in un teatro romano.

Alle spalle, la settimana segnata dall’epilogo tragico del caso Eluana. Si parla di "Menzogne e verità su eutanasia, Coscioni, Welby, Englaro". Il neurologo di Eluana Carlo Alberto Defanti e Mina Welby, intellettuali come Stefano Rodotà e parlamentari laici. Benedetto Della Vedova, unico Pdl (ex radicale), spera ancora che «il premier torni moderato, dopo che ha ceduto a pressioni». C’è soprattutto tanta gente comune. A metà mattinata entra Ignazio Marino ed è standing ovation, la stessa che lo accompagnerà a fine intervento. E sa tanto di onore delle armi dopo il passaggio di testimone da capogruppo Pd in commissione Sanità con strascichi polemici. «Il mio impegno proseguirà con forza», rassicura. Ringrazia i radicali «perché sono sempre stati trasparenti e leali molto più di tanti altri», in barba a chi li vorrebbe fuori dal gruppo democratico. Ripete che il ddl Calabrò del centrodestra sul testamento biologico è un attacco «alla libertà di scelta sancita dalla nostra Costituzione». Sfoggia cifre che lasciano di sasso la platea: «Ma ci pensate? Stando alla legge, ognuno deve depositare il testamento dal notaio accompagnato dal medico di famiglia. Ora, ogni medico ha circa 1.500 pazienti. Se anche solo un terzo decidesse di fare testamento, dovrebbe accompagnarne 500 dal notaio. In un anno, escludendo i festivi, farebbe quattro volte al giorno. E se un terzo degli italiani volesse depositare le proprie disposizioni, ciascuno dei 4.729 notai dovrebbe redigere in media 100 mila». Dunque, «se non saranno recepiti emendamenti, allora ci batteremo perché questa legge venga cancellata». Emma Bonino accetta e lancia un appello al Pd, affinché si mobiliti, consapevole delle difficoltà: «Sarà come per il referendum sulla legge 40, assisteremo allo schieramento di parrocchie e tg». Furia Colombro, deputato Pd, alza il tono contro le gerarchie d’Oltretevere, «il loro è stato un intervento aggressivo» e «un insulto» la critica al capo dello Stato. Per Rodotà questa è «una legge truffa».

Trascorrono poche ore e l’annuncio di Marino viene stroncato da una parte del Pd. La Bianchi parla di «grave errore: spostare l’ attenzione dalle Camere alle piazze significa alimentare uno scontro fra due radicalismi». Strategia sbagliata anche secondo la Bindi: «E un regalo a chi non vuole fare una legge buona e condivisa, guai a cercare rivincita dopo la legge 40». E Letta: «Occorrono convergenze, senza spirito di crociata». Si spacca anche la sinistra: dice sì Claudio Fava di Sd, non la giudicala via migliore, invece, il segretario del Prc Paolo Ferrero.
Referendum? Si faccia pure, ribattono dal Pdl. Il relatore Raffaele Calabrò difende la sua «creatura», Eugenia Roccella, sottosegretario e alfiere del Family Day, pronostica «un’altra grande sconfitta per il Pd, come perla legge 40». Insomma, chiosa Gaetano Quagliarello, la consultazione »non ci spaventa». E monsignor Rino Fisichella, presidente del Pontificio consiglio per la vita, che nei giorni scorsi aveva giudicato una buona mediazione la proposta della maggioranza, ora avverte: «L’istanza cattolica non può essere né emarginata né data per ovvia». In serata, in risposta alle critiche, Marino assicura che in Senato saranno moltiplicati gli sforzi per «modificare il ddl della destra», fermo restando il ricorso all’arma finale referendaria se le modifiche non saranno accolte.