“Fecondazione, il test prenatale è un diritto”

la Repubblica
Caterina Pasolini

ROMA – «Finalmente anche chi non è ricco potrà cercare di avere un figlio sano senza dover spendere 9.000 euro». Filomena Gallo, presidente dell`associazione Coscioni è soddisfatta. Gli ospedali, i centri pubblici che fanno la fecondazione assistita dovranno 
infatti garantire la diagnosi preimpianto ai pazienti: in sede o altrove. Così stabilisce una sentenza del tribunale di Cagliari, la 19esima sulla legge 40, che ieri per la 
prima volta ha ordinato ad un centro pubblico, l`ospedale Microcitemico, di eseguire la diagnosi preimpianto o di utilizzare strutture esterne per garantire l`esame ad una coppia sterile sottoposta a fecondazione in vitro. E sull`onda della nuova sentenza da più parti, Pd in testa con Turco, Finocchiaro e Marino, si chiede di rivedere in parlamento la legge, praticamente cancellata in questi anni a suon di ricorsi. 
L`ultimo è stato presentato da Teresa, giovane cagliaritana sterile e talassemica, e dal marito portatore sano della malattia, tramite l`associazione radicale Luca Coscioni. Il motivo? Essersi sentiti dire che no, nell`ospedale cittadino non era possibile la diagnosi preimpianto per mancanza di uomini e mezzi. Anche se fino al 2004 lì c`era stato un centro all`avanguardia nel test che permette di cercare anomalie genetiche nell`embrione congelato, un esame che nel caso di coppie malate di fibrosi cistica o talassemia, significa poter scegliere l`embrione da impiantare e far sì che nascano bambini sani e non gravemente malati. 
Il giudice nella sentenza ha considerato il rifiuto a fare l`esame «del tutto illegittimo e gravemente lesivo dei diritti costituzionalmente garantiti». Secondo il magistrato infatti, «considerata l`evoluzione giurisprudenziale non vi è dubbio che la diagnosi genetica preimpianto debba considerarsi pienamente ammissibile». E cosi l`Asl di Cagliari si è detta subito disponibile a pagare l`esame alla coppia altrove, non essendoci «un laboratorio adatto nell`ospedale». 
Vietata dalla legge 40, negli anni la diagnosi è stata riammessa (in parte) dalle nuove linee guida del ministro Livia Turco nel 2008 e finalmente resa legale l`anno dopo dalla sentenza della Consulta che, eliminando il divieto di congelare gli embrioni, ha permesso che i centri ricominciassero gli screening pre-natali. Ma non nei centri pubblici, che sono rimasti fermi mentre dal tribunale europeo ad agosto arrivava una nuova condanna all`Italia, una nuova bocciatura della legge 40 considerata ingiusta e incongruente perché consente l`esame diagnostico solo a chi è sterile e non a chi è malato. 
«Su 357 centri attivi, nessuno dei 76 pubblici offre la diagnosi preimpianto. Non solo: non viene offerta la crioconservazione e si osserva ancora il limite dei 3 embrioni creati, anche se non è più obbligatorio dopo la sentenza del 2009. Da oggi, grazie all`ordinanza del tribunale di Cagliari, se non si mettono in regola questi centri rischiano di essere fuori legge». Filomena Gallo dell`associazione Coscioni, avvocato che col collega Calandrini ha seguito gratuitamente il ricorso della coppia sarda, è soddisfatta perché finalmente viene ristabilita l`equità di accesso alle cure: «Ora però chiediamo al governo di intervenire perché gli ospedali si mettano in regola». Mentre Eugenia Roccella, ex sottosegretario alla Salute contraria all`esame visto come eugenetica, si è rivolta al ministro Balduzzi perché emani nuove linee guida. Sempre sul fronte della fecondazione assistita, dopo la norma approvata settimana scorsa che consentiva anche alle donne che avevano fatto la fivet il disconoscimento del figlio, si è aperto un dibattito perché alcuni politici hanno visto in questo la possibilità di legittimare caso di utero in affitto.