Eutanasia: il Parlamento italiano non può più voltarsi dall’altra parte

Articolo di Enrico Marra per tvsvizzera.it

È ormai giunto il momento che il Parlamento italiano impugni seriamente la questione dell’eutanasia, discutendo delle regole per combattere la clandestinità di questa pratica. Il punto della situazione con Marco Cappato e il presidente della Federazione dell’ordine dei medici Filippo Anelli.

La rivoluzione antropologica che in un decennio cambiò il volto dell’Italia in tema di diritti, partita con l’introduzione del divorzio nel ‘70 e che nel ‘78 portò alla conquista di una legge per la depenalizzazione dell’aborto, fu una presa di coscienza del popolo italiano che venne totalmente ignorata dal potere.

Apparve come fatto compiuto, irreversibile, sotto gli occhi increduli dei potenti con la schiacciante vittoria del ‘no’ al referendum sul divorzio del ‘74. Per la Democrazia cristiana fu una pesante sconfitta e il Partito comunista, che non voleva la votazione per paura di imbarcarsi in una ‘guerra di religione’, festeggiò con imbarazzo il risultato al fianco dei suoi promotori.

La politica dovette prendere atto di non aver capito bene cosa fosse accaduto nel paese in quegli anni.

Eppure gli italiani sembrano quasi unanimi

La storia sembra ripetersi. Tutti i sondaggi riportano che il 90% degli italiani è favorevole ad un intervento legislativo che vada nella direzione dell’eutanasia legale. Oggi come allora, la politica pensa di poter ignorare l’evidenza e voltarsi dall’altra parte. Oggi come allora sono le singole persone a trainare le riforme con la lotta, con l’attivismo, con la disobbedienza civile, con le battaglie legali. Piergiorgio Welby, Beppino Englaro – padre di Eluana -, Fabiano Antoniani per citare alcune di queste persone.

Il procedimento giudiziario a carico di Marco Cappato per l’atto di disobbedienza civile di aver accompagnato in Svizzera, così da favorire il suo accesso al suicidio assistito, Fabiano Antoniani, conosciuto anche come dj Fabo, ha evidenziato vuoti legislativi e provocato una paralisi istituzionale che si è sbloccata in parte solo grazie alla sentenza della Corte costituzionale, le cui motivazioni sono state rese pubbliche il 5 settembre.

L’organo supremo del potere giudiziario ha dichiarato non punibile il suicidio assistito nei casi analoghi a quello di Fabiano Antoniani che nelle ultime fasi della sua vita e della sua battaglia era tetraplegico, cieco e pativa grandi sofferenze.

Soprattutto, dispone la sentenza, le condizioni di non punibilità per il reato di aiuto al suicidio si verificano quando la persona che lo pratica è tenuta in vita artificialmente.

Una conquista rivoluzionaria che scuote un sistema sopito dai tempi del codice Rocco, istituito sotto il fascismo. Inefficace nel mondo odierno in cui la ricerca scientifica ha compiuto progressi nel contrasto di malattie un tempo rapidamente fatali, che oggi hanno un decorso più lungo.

L’aspettativa di vita dei malati si è allungata e con essa la fase terminale della malattia. Le persone tenute in vita dalle macchine, che il secolo scorso erano una rarità, oggi sono molte e invocano diritti e riforme urgenti.

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