Embrioni uomo-animale: via libera della Gran Bretagna

di Giulia Innocenzi

Il Regno Unito dice sì alla creazione degli embrioni uomo-animale. Lo ha deciso ieri l’Autorità preposta, permettendo così di superare l’attuale carenza di embrioni da cui vengono estratte le cellule staminali, preziosissime per la ricerca. Il processo scientifico approvato prevede il trasferimento di cellule umane adulte, che contengono la maggior parte del materiale genetico, in ovociti animali denuclearizzati. L’embrione prodotto, al 99,9 per cento umano e allo 0,1 animale, dovrà essere distrutto entro 14 giorni dalla sua creazione. I ricercatori sperano di avvicinarsi alla scoperta di una cura per le malattie come l’Alzheimer e il morbo di Parkinson. Abbiamo intervistato Stephen Minger, lo scienziato britannico che dovrebbe creare per primo gli embrioni ibridi.

Stephen Minger, lei guida il team di ricerca sulle cellule staminali al King’s College di Londra, che in concomitanza con il team di scienziati dell’Università di Newcastle, ha richiesto l’autorizzazione all’Autorità per la Fertilità Umana e per l’Embriologia di creare gli embrioni uomo-animale. Quale beneficio potrebbe portare alla ricerca l’approvvigionamento di tali embrioni ?

La nostra ricerca è soprattutto focalizzata sulla produzione di linee cellulari estratte da individui con malattie specifiche. Ciò è realizzabile se si prendono le cellule da persone affette geneticamente dalle malattie sotto esame, come l’Alzheimer, il morbo di Parkinson, la distrofia muscolare, e altri disordini neuronali catastrofici, e si introducono negli ovociti denuclearizzati di conigli e mucche. L’obiettivo dell’intera operazione è di scoprire quali sono i geni coinvolti nelle malattie studiate. Speriamo, infatti, di poter riprodurre in laboratorio il processo in cui le proteine mutate interagiscono con il normale funzionamento cellulare, distruggendo così le cellule nervose. Le informazioni acquisite in tal modo potrebbero essere utilizzate per creare nuove terapie e farmaci per la prevenzione delle malattie. Per questo vorremmo creare linee cellulari per la ricerca e sviluppare nuove cure per i malati.

C’è un po’ di confusione riguardo agli embrioni uomo-animale. Potrebbe spiegare la differenza fra una chimera umana, un embrione ibrido e un embrione dal citoplasma ibrido?

Non sono sicuro di esserne in grado, visto che l’argomento, per sua stessa natura, ha creato molte controversie. Tradizionalmente, si usa il termine chimera quando si prendono ovuli e spermatozoi di una specie e li si mischiano con ovuli e spermatozoi di un’altra specie. Tale procedimento, se vengono utilizzati gameti umani, è attualmente illegale nel Regno Unito. Sostanzialmente, si cerca di creare qualcosa che viene dalla combinazione di due diversi organismi. Si hanno gli embrioni ibridi, invece, quando si uniscono cellule animali e umane insieme. Un esempio di ciò si ha quando viene introdotto il morbo di Parkinson in un topo o in un coniglio e viene successivamente trapiantato nell’animale un tessuto nervoso umano per cercare di guarirlo. Si ha un embrione ibrido, quindi, quando viene trapiantato un sistema immunitario umano a topi che non hanno un proprio sistema immunitario. Usiamo questi topi costantemente per i trapianti e per la ricerca immunitaria, per vedere come funziona il sistema immunitario e per testare nuove medicine immunitarie contro il rigetto degli organi. Gli embrioni dal citoplasma ibrido, invece, sono quelli che noi vorremmo utilizzare e che preferiamo chiamare "embrioni con trasferimento nucleare fra diverse specie". La richiesta di questi embrioni nasce dal fatto che la reperibilità degli ovociti umani rimarrà sempre bassa e che anche per la clonazione vi è un’alta domanda. Così, se prendiamo un ovocita di una mucca e ne estraiamo il nucleo, che contiene tutto il DNA, questo diventa un ovocita vuoto, privo di alcuna identità genetica, a cui si può attribuire l’identità genetica di un essere umano inserendovi all’interno una cellula umana. Pertanto, questa pratica è un mezzo per raggiungere un fine, e il mezzo è l’utilizzo di ovociti di mucche, o di conigli, o di qualunque altro tipo di ovocita, come surrogato di ovociti umani. Se questa tecnologia si dimostrerà efficiente e potremo incrementarne l’efficienza di un fattore del 10%, penso che la maggior parte di noi scienziati tornerà a usare ovociti umani, ma al momento attuale un tale cambiamento non sarebbe giustificato.

Il sistema decisionale britannico in materia di ricerca scientifica è di regolazione e non di legislazione. Ciò significa che sono delle authority, anziché il Parlamento o il governo, a decidere. Molti credono che la ricerca legata alle cellule staminali avanzi così velocemente che le leggi che la governano diventano presto obsolete. Cosa ne pensa?

Concordo totalmente. A ogni tappa del nostro percorso, abbiamo richiesto al governo di non legiferare sulla scienza, ma di permettere a un panel di esperti e di regolatori, come per esempio il Food and Drug Administration statunitense o il Ministero degli interni britannico, di regolare la ricerca. Siamo d’accordo con l’affermazione che la scienza si sta muovendo così in fretta che è impossibile, per il Parlamento o per il governo, conoscere i confini fra i vari campi della ricerca scientifica, a causa del loro cambiamento repentino. È naturale che tali organi statali non possano essere aggiornati tanto quanto i regolatori e gli esperti del panel, che sono invece specializzati nel monitorare specifiche questioni scientifiche. Spesso occorre fare degli sforzi per mantenere il focus sulla luce che c’è all’orizzonte, per questo penso che il governo non sarà mai sufficientemente equipaggiato per farlo. Pertanto, penso che dovrebbero essere i regolatori, piuttosto che i legislatori, a regolamentare la ricerca scientifica.

Nel 2003 il team di scienziati del King’s College è stato il primo nel Regno Unito a produrre una linea cellulare estratta dall’embrione. In un’intervista alla BBC, lei ha dichiarato che era soprattutto interessato al diabete di tipo 1 e al morbo di Parkinson. Come prosegue la ricerca?

Sta andando molto bene. Pensiamo, infatti, che se potremo ottenere i fondi necessari, saranno sufficienti forse cinque anni per ottenere risultati scientifici per il morbo di Parkinson. Per quanto riguarda la cura del diabete, invece, ci stiamo muovendo più lentamente e con altri gruppi di scienziati abbiamo fatto molti sforzi per estrarre linee cellulari per curare la malattia. Direi, comunque, che il morbo di Parkinson, il diabete e gli arresti cardiaci sono tre obiettivi molto importanti per la nostra ricerca.

In Gran Bretagna la libertà di ricerca scientifica è un principio generalmente accettato dalla politica. Il governo inglese, al contrario di quello italiano, ha autorizzato l’attività delle banche private per la conservazione delle cellule staminali, la ricerca sulle cellule staminali embrionali e ora gli embrioni uomo-animale. Quali sono i benefici legati all’autorizzazione di questo tipo di ricerca per il sistema paese, sia in termini economici che di vantaggio per i malati?

Penso sia molto importante avere la ricerca scientifica funzionante, ovviamente in un ambiente dove c’è una regolazione molto rigida. Ritengo che la Gran Bretagna abbia la giusta cornice regolatrice per fare scienza accettabile anche a livello etico. Un esempio contrario, invece, sono gli Stati Uniti, che rappresentano un sistema sbagliato. Da una parte, infatti, i ricercatori finanziati dal settore pubblico possono fare molto poco, mentre nel settore privato possono fare tutto e, in alcuni casi, addirittura la clonazione umana riproduttiva. Il sistema è caotico e incoerente: vi sono regolazioni locali e nazionali, fondi privati e pubblici, non c’è coerenza fra i diversi stati e in alcuni casi fra le università stesse. Nel Regno Unito, invece, abbiamo un sistema standardizzato, dove quelli coinvolti nella ricerca sottostanno alle stesse regole, senza alcuna eccezione e senza che la provenienza dei fondi incida in alcun modo. Per questo ritengo che vi sia ancora una grossa fetta di ricerca che debba ancora fiorire, anche grazie all’interazione fra i diversi gruppi di scienziati che lavorano sulle cellule staminali. Pertanto, penso che la ricerca stia facendo grandi passi avanti.

Intervista rilasciata a "Agenda Coscioni", mensile dell’Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica. Per consultare il mensile on-line: www.agendacoscioni.it