Embrioni senza futuro

di Ignazio Marino
La politica si affanna per trovare risposte a questioni complesse, come la ricerca sulle cellule staminali embrionali, mentre la scienza va avanti ed è proprio grazie al lavoro dei ricercatori che potremo dissipare i nostri dubbi.

Prendiamo la questione dell’utilizzo degli embrioni congelati e non utilizzati, conservati nelle cliniche per l’infertilità. Uno dei temi in discussione è se sia eticamente più corretto lasciare che questi embrioni, che non saranno mai utilizzati, si spengano di morte naturale oppure destinarli alla ricerca. Notizie incoraggianti ci arrivano da uno studio pubblicato sulla rivista scientifica “Human Reproduction”, condotto dall’Università di Torino con l’Università di Uppsala in Svezia. Alberto Revelli e lo svedese Janne Holte hanno messo a punto un metodo innovativo, non invasivo, capace di valutare la vitalità di un embrione e le sue potenzialità di impiantarsi in utero e dare così origine a una gravidanza. Gli autori dello studio sostengono di essere in grado di riconoscere quegli embrioni che hanno meno dell’1 per cento di possibilità di impiantarsi in utero con successo, e quelli che invece hanno maggiori probabilità di dare origine ad un bambino.

Il metodo si basa sull’osservazione morfologica di embrioni di 48 ore che non vengono manipolati ma salo osservati al microscopio, e i parametri rilevati vengono tradotti in un’equazione matematica ed elaborati in un modello statistico. Su duemila embrioni sottoposti all’indagine è stato costruito un punteggio che individua non salo la vitalità, ma anche la potenzialità evolutiva dell’embrione stesso. Il modello ha dimostrato una precisione vicina al 95 per cento, ma con piccoli aggiustamenti: gli autori credono che si riuscirà a stabilire il grado di vitalità di ciascun embrione con il 97 per cento di accuratezza. A rigor di scienza, sarebbe auspicabile utilizzare solo gli embrioni che dimostrano maggiori possibilità di riuscita, in modo da favorire la donna che si sottopone al trattamento e facilitare la gravidanza.

La legge italiana sulla procreazione assistita non lo permette, e prevede invece di creare tre embrioni in provetta e di impiantarli tutti e tre, indipendentemente dalle loro potenzialità. Ma non c’è solo l’Italia e questo metodo potrebbe aprire la strada a una riserva di embrioni che non passano generare un bambino. Quindi, si può ipotizzare un percorso condivisibile che permetta la donazione delle loro cellule per ricerche nell’interesse dell’umanità.
*chirurgo, presidente della commissione Igiene e Sanità del Senato