Embrioni, la selezione non è reato in caso di gravi malattie

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Davide Gangale

Per l’associazione Luca Coscioni è «un’ottima notizia». Per il senatore Maurizio Sacconi, invece, bisogna correre ai ripari, per scongiurare «la via di un’esplicita e indifferenziata selezione della specie umana».
La Corte costituzionale ha stabilito che scegliere gli embrioni non è reato, se il fine esclusivo della pratica è evitare, nel corso della fecondazione assistita, l’impianto nell’utero della donna di quelli affetti da gravi malattie trasmissibili.

PATOLOGIE DA ACCERTARE NELLE STRUTTURE PUBBLICHE

 Si tratta, nello specifico, delle patologie corrispondenti ai criteri di gravità già previsti dalla legge 194 sull’aborto. Ovvero «processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna». L’esistenza di tali patologie deve essere accertata in «apposite strutture pubbliche», ha scritto la Consulta nel dispositivo della sentenza. Questo passaggio, secondo il senatore Sacconi, «conferma la necessità» di individuare con una norma ad hoc gli istituti abilitati a certificare quali siano le malattie in grado di giustificare il ricorso alla selezione, «limitandole ai casi più gravi».

GALLO REPLICA A SACCONI: «RISPETTI LE LIBERTÀ CIVILI»

 I giudici costituzionali, però, intervenuti per la quarta volta a modificare la legge 40 sulla procreazione assistita, questo non lo hanno detto. Filomena Gallo, avvocato e segretario nazionale dell’associazione Luca Coscioni, contattata daLettera43.it ha commentato così: «L’ex ministro Sacconi ha la tendenza a non leggere le sentenze della Corte costituzionale, o a leggerle per un suo tornaconto. I giudici hanno stabilito che la selezione degli embrioni non è eugenetica e non è reato. E si sono richiamati all’articolo 6 della legge 194 sull’aborto: per certificare l’esistenza di una grave patologia trasmissibile non occorrono istituti ad hoc, può farlo il medico in servizio presso una struttura ospedaliera pubblica. Sacconi pretende di sostituirsi ai giudici costituzionali. Si arrenda una volta per tutte, e impari a rispettare i diritti e le libertà civili».

 

«MEDICI PIÙ LIBERI DI EFFETTUARE LA DIAGNOSI PREIMPIANTO»

 Cosa cambia quindi per le coppie e per i medici?
Secondo Filomena Gallo, i medici saranno più liberi di effettuare la diagnosi preimpianto: «Nelle strutture sanitarie pubbliche si tendeva a non eseguirla, anche se la Consulta aveva già stabilito che l’esame era legittimo sia per le coppie infertili, sia per quelle fertili portatrici di patologie genetiche. I dettami della legge 40 erano comunque poco chiari, visto che il testo conteneva la previsione di reato per la selezione degli embrioni. Questa previsione, grazie alla sentenza della Consulta, viene ora a cadere». Si tratta, secondo Gallo, «dell’ennesima dimostrazione dell’inadeguatezza della classe politica, che non ha mai provato in 11 anni a rimuovere i tanti divieti della legge sulla fecondazione assistita. Non ha fatto altro che difenderli, creando nuovi ostacoli».

L’ARTICOLO GIUDICATO INCOSTITUZIONALE

Al contrario, si potrebbe aggiungere, della Corte costituzionale, che con il suo ultimo pronunciamento è intervenuta sull’articolo 13 della legge 40. La disposizione sanzionava penalmente la condotta del medico che consentiva il trasferimento nell’utero della donna dei soli embrioni sani o portatori sani di malattie genetiche. Violando però, secondo la Consulta, gli articoli 3 (uguaglianza) e 32 (diritto alla salute) della Costituzione.
In altre parole, il reato previsto dalla legge 40 contraddiceva non solo il diritto alla tutela della salute dell’embrione, di cui all’articolo 1 della medesima legge. Ma era in contrasto anche con il diritto al rispetto della vita privata e familiare, che include il desiderio della coppia di generare un figlio non affetto da malattie genetiche.

RESTA IL DIVIETO DI SOPPRIMERE GLI EMBRIONI

 Per quanto riguarda invece il divieto di soppressione degli embrioni, altra questione su cui la Corte costituzionale era chiamata a pronunciarsi, nulla è stato modificato. I giudici, infatti, non hanno considerato irragionevole la scelta compiuta dal parlamento nel 2004, quando con la legge 40 decise di vietare e sanzionare penalmente la soppressione degli embrioni. Anche di quelli che, dopo la diagnosi preimpianto, dovessero risultare affetti da gravi malattie genetiche. La malformazione, per la Consulta, non giustifica «un trattamento deteriore rispetto a quello degli embrioni sani creati in numero superiore a quello strettamente necessario ad un unico e contemporaneo impianto». L’embrione non è «mero materiale biologico» e resta quindi l’esigenza di tutelarlo, attraverso l’unico mezzo attualmente disponibile, cioè la crioconservazione. Ma il divieto di soppressione dell’embrione malato non comporta e non può comportare «l’impianto coattivo» nell’utero della donna.

Legge 40, tutte le proibizioni cancellate

Sentenze dei tribunali e pronunciamenti della Consulta (quattro in tutto) hanno cambiato in profondità il volto della legge 40 sulla procreazione assistita.
A cadere, in ordine di tempo, sono stati i seguenti divieti: 

1) Divieto di diagnosi preimpianto: rimosso per le coppie infertili dal Tar del Lazio nel 2008;

2) Divieto di produzione di più di tre embrioni: rimosso dalla sentenza della Corte costituzionale 151/2009;

3) Obbligo di contemporaneo impianto di tutti gli embrioni prodotti: rimosso dalla sentenza della Corte costituzionale 151/2009;

4) Divieto di eterologa: cancellato dalla sentenza della Corte costituzionale 162/2014;

5) Divieto di accesso alle coppie fertili ma portatrici di patologie genetiche:rimosso dalla sentenza della Corte costituzionale  96/2015;

6) Divieto di selezione degli embrioni affetti da gravi malattie trasmissibili:rimosso con la sentenza della Corte costituzionale 229/2015.