Editoriali – strani giudici “contro la scienza”

Il Foglio

Veronesi sull’Aquila si sente tradito dalla magistratura poco illuminista

Quarantotto ore dopo, la sentenza che ha condannato i vertici della commissione Grandi rischi per il mancato allarme sul terremoto dell’Aquila continua a far discutere. Dalle prime reazioni sbalordite o indignate si passa a commenti che, anche per il calibro delle personalità impegnate, si vorrebbero più approfonditi. Tra questi, un’intervista sul Corriere della Sera al grande oncologo Umberto Veronesi sposta l’attenzione sul rapporto tra scienza e potere giudiziario, con affermazioni che meritano una riflessione. “Questa condanna più che storica è antistorica – argomenta l’uomo di scienza – e riflette una concezione di giustizia antica, comunque non in linea con gli standard di illuminata civiltà e difesa della Costituzione che la nostra magistratura normalmente manifesta”. Gli standard illuminati, dice Veronesi, devono distinguere tra responsabilità e colpevolezza. Dunque, occorre domandarsi da dove nasca “questa condanna per omicidio colposo di scienziati di chiara fama”: “Purtroppo non vedo altra risposta che la vendetta, per placare il dolore di chi ha perso i propri cari. Ma il principio di vendetta collettiva non è quello che ispira il nostro diritto e la nostra Costituzione”. Dunque, non già una giustizia che ha semplicemente sbagliato, magari pigiando l’acceleratore sull’interpretazione della legge, ma una giustizia che ha ceduto a un sentire “antistorico”. L’errore dei giudici non sta in una errata applicazione della norma, ma nell’avere osato mettersi di traverso alla scienza, intesa come apparato di sapere superiore e ordinato dal precetto illuminista. Ancor più significativo il passaggio successivo: “Io sono un sostenitore della magistratura, alleata della scienza in molte battaglie di civiltà come il Testamento biologico o per la diagnosi pre-impianto. Perciò sono stato stupito e sconcertato”. A parte la prima e più ovvia obiezione – la magistratura, più che essere alleata di questa o quella visione, non dovrebbe applicare le leggi, anziché aiutare a produrle e sopravanzarle? – c’è un altro aspetto che inquieta un poco: Veronesi non è nemmeno sfiorato dal dubbio che i giudici possano sbagliare. Lo scienziato rivela qui una visione dogmatica, in cui sfugge il principio di falsificazione, per cui la magistratura è buona e alleata se conferma una (e una sola) posizione della scienza. Non sarebbe più razionale e laico ammettere che la magistratura a volte sbaglia, non perché ceda a istinti oscurantisti, ma perché cerca di interpretare moralmente i fatti, anziché analizzarli secondo la legge?