Donare il cordone ombelicale

Gennaro Volpe

cordEro in attesa della prima registrazione del battito cardiaco fetale alla mia prima gravidanza a 35 settimane negli ambulatori di Ostetricia dell’Ospedale "Di Venere" di Bari, quando la mia attenzione venne attratta da un opuscolo, messo a disposizione delle pazienti: "Donare il sangue del cordone ombelicale, una scelta di vita". La prima domanda a cui rispondere era: perché donare il sangue contenuto nel cordone ombelicale (Sco)?

Perché è ricco di cellule staminali emopoietiche (Cse), cellule immature in grado di generare le cellule mature del sangue, cioè globuli rossi, globuli bianchi e piastrine». «Mi sconvolgeva, invece, la risposta alla seconda domanda: quali sono le indicazioni alla donazione del sangue cordonale? Le malattie tumorali e non del sangue, cioè leucemie, linfomi e aplasie midollari, soprattutto in età pediatrica. Si faceva vivo in me l’istinto di essere utile al prossimo donando il sangue contenuto nel cordone ombelicale di mio figlio, altrimenti destinato a essere gettato al momento del parto. Potevo aiutare a guarire un "bambino affetto da tumori o malattie del sangue", malattie onco-ematologiche. Infatti il numero delle Cse contenute nel sangue prelevato dal cordone ombelicale è limitato, di solito 80 centilitri di sangue, insufficiente per trapiantare bambini oltre i 40 chili o adulti».
«Ho chiesto all’ostetrica cosa dovevo fare per donare il sangue del mio cordone ombelicale dopo il parto. Mi ha indicato l’ambulatorio (stanza n° 15) dove sono stata informata dal medico responsabile alla raccolta dello Sco sul percorso che il sangue prelevato segue per essere infime conservato in Puglia, pronto a essere trapiantato al momento della richiesta in qualunque parte d’Italia».
«Ho chiesto se fosse possibile la raccolta e la conservazione "personale" del sangue cordonale. Mi è stato risposto che attualmente in Italia è possibile solo la raccolta e conservazione di cellule staminali emopoietiche da utilizzare per trapianto "allogenico", cioè in un soggetto diverso dal donatore (quando sono utilizzate per trapianto nello stesso soggetto donatore si parla di uso "autologo")».
«La conservazione di Sco per uso autologo, cioè personale, è possibile solo all’estero e con un costo per la paziente che si aggira intorno ai duemila euro. Solo in caso di provata malattia e bisogno terapeutico di Sco presente nel neonato, nei genitori e nei fratelli anche in Italia è possibile la raccolta detta "dedicata". Comunque, il sangue prelevato nel 75 % dei casi almeno per 2 anni è disponibile presso la Banca del sangue cordonale regionale. A fine febbraio 2009 anche in Italia sarà discussa la possibilità di raccolta di Sco per uso autologo».

Una mamma felice

Aggiungiamo solo che la giunta regionale pugliese ha individuato 13 ospedali pubblici e una struttura privata, con un numero di parti superiore a mille unità, deputati al prelievo di sangue del cordone ombelicale. Solo 1’Irccs «Casa Sollievo della sofferenza» di San Giovanni Rotondo è deputato alla conservazione. Referenti della Banca cordonale sono il dott. Lazzaro Di Mauro e il dott. Michele Santodirocco. Le unità operative, che contribuiscono alla realizzazione del Progetto per la raccolta di Sco (C.Ra.S.C.O.) in Puglia sono l’Unità operativa di Ostetricia, il Servizio di immunoematologia trasfusionale (verifica e stoccaggio di Sco) e l’unità di Neonatologia (per controllo a sei mesi della buona salute del neonato). Il 6 febbraio, con inizio alle 18, nel Teatro comunale «Piccinni» di Bari si terrà un incontro dibattito dal titolo: «Una vita… un dono che si fa dono». A sottolineare l’importanza della manifestazione, chiuderà la serata un concerto dell’Orchestra sinfonica della Provincia.

Dott. Gennaro Volpe Responsabile centro raccolta sangue del cordone ombelicale – Ospedale Di Venere (Bari)