Diritti gay, dal tribunale di Venezia nuovo impulso all’azione civile e sociale

Aurelio Mancuso

sentenzaLa sentenza del Tribunale di Venezia che nella sostanza chiede alla Corte Costituzionale di pronunciarsi sul fatto che due persone omosessuali si sono viste respingere l’iscrizione al registro dello stato civile il loro agognato matrimonio – apre in Italia un fronte inedito di battaglia politico-giuridica. Infatti, nonostante vi siano stati, negli ultimi vent’anni, diversi pronunciamenti da parte di Tribunali e anche della Corte di Cassazione che sollecitano il legislatore ad intervenire sulla materia del riconoscimento giuridico delle coppie gay e delle coppie etero conviventi, la richiesta di un pronunciamento della Corte Costituzionale non era mai stata tentata. Rete Lenford (che è una rete nazionale di avvocati/e che si occupano dei diritti civili negati alle persone omosessuali) e l’Associazione Radicale Certi Diritti hanno da tempo messo in campo un’azione, di affermazione civile,

che ha coinvolto una trentina di coppie che si sono recate nei loro Comuni di residenza per richiedere l`avvio delle pratiche per il loro matrimonio. E` un’azione volutamente azzardata, che naturalmente comporta dei rischi sul piano giuridico, ma che evidenzia assai bene lo stato dell’arte in materia di riconoscimento pubblico degli amori omosessuali. Mentre continuano ad assommarsi proposte di legge o richieste di copiare legislature di altri paesi (Pacs, Dico, Cus, Didore, Civil Partnership), il Parlamento italiano dalla metà degli anni ‘80, ovvero da quando fu depositata la prima proposta di legge, non ha mai avviato la discussione nemmeno in sede di Commissione. L’aria che attualmente tira non conforta certo chi, come noi, cerca ogni giorno di trovare interlocutori, alleati, politiche a sostegno dell’uguaglianza delle cittadine e dei cittadini lgbt. Per una volta, tralasciamo le gravi responsabilità politiche delle sinistre italiane, e cerchiamo di comprendere perché si è arrivati fino a davanti alla Corte Costituzionale. Nel complesso, lo scenario oggettivo che si è stabilizzato soprattutto negli ultimi anni, ci descrive una situazione di ottusa opposizione di gran parte della classe politica italiana rispetto al tema della parità dei diritti e dei doveri.

Di più, nonostante alcune belle parole, cui non sono seguiti fatti, si ritiene che le coppie gay non siano degne di un riconoscimento, al massimo potrebbero (bontà loro) accedere ad alcuni diritti individuali. Questo desolante panorama, che si inserisce nel quadro generale di una deprimente afonia delle opposizioni politiche e sociali, di crisi economica e culturale del Paese, può esser affrontato in soli due modi: attendere che passi e sperare in una definitiva ridefinizione delle idee e delle organizzazioni delle sinistre capaci finalmente di ritornare ad essere soggetti credibili di cambiamento; oppure mantenere alto l’interesse sociale sul tema dei diritti civili anche attraverso lo strumento giuridico. Il clima gelido dell’esclusione nei confronti dei migranti, delle fasce più esposte alla crisi, della negazione di diritti e messa in discussione di quelli ottenuti, consiglierebbe a tutti noi di at- tendere. Ma come possiamo aspettare mentre milioni di persone continuano a vivere in una condizione di cittadinanza negata? Abbiamo, quindi, scelto di non "resistere", ma di rilanciare, di non rispondere solamente alle provocazioni, violenze, emarginazioni dell`omofobia, dispiegando dall`autunno una nuova azione sociale e civile che sappia parlare ad una società frammentata, delusa, disincantata rispetto alla possibilità di ottenere riforme civili e sociali. La sentenza di Venezia ben spiega la volontà più volte proclamata dentro il movimento Igbt di non ripiegare e di non retrocedere rispetto alla richiesta di uguaglianza e di libertà; come si è potuto verificare nel mese dei Pride italiani, questa volontà è condivisa da centinaia di migliaia di italiane e di italiani.

Le difficoltà non mancano, il movimento lgbt italiano patisce, come tutte le sinistre sociali, dell’assenza di una sponda politica, di un’ossificazione oggettiva degli schemi del confronto e delle insufficienti risposte alla crisi da parte delle attuali classi dirigenti nazionali ed intermedie. La Corte Costituzionale, prevedibilmente entro un anno o poco più si pronuncerà sulla sentenza di Venezia. Senza avere l’ambizione, né la concreta possibilità di influenzare i giudici, ci pare però ovvio che la richiesta del Tribunale vada accompagnata con una vasta iniziativa che più che alla politica parli alla società, da tempo pronta a recepire cambiamenti legislativi in materia, che però, a partire dai nostri fratelli e sorelle gay e lesbiche, ha bisogno di una forte sollecitazione al libero pensiero, all`impegno civile.