Diritti civili, la campagna elettorale di Monti è già cominciata (di nascosto)

NEWS_85053.jpg
BabylonPost

Che il governo Monti fosse espressione della destra (poco) liberale e (scarsamente) illuminata e sopratutto mascherata da governo tecnico, vi erano pochi dubbi. Anche senza consultare i curricula dei vari ministri e sottosegretari. Ma Monti finora aveva sempre evitato i temi della bioetica. Le scusanti a disposizione erano principalmente due. La prima: troppo grave la situazione economica per occuparsi di questioni giudicate – a torto – minori. La seconda: il governo è tecnico – almeno così doveva apparire – pertanto non si occupa di tematiche squisitamente politiche. Ma in questa precipitosa fine legislatura almeno due segnali sono arrivati chiari dal tecnico Monti per far capire da che parte intende – su questi temi – collocarsi come (probabile) futuro premier del prossimo governo politico. L’europeista Monti – cedendo alle esplicite richieste dei vari Fioroni, Binetti, Roccella e compagnia – ha presentato ricorso contro la sentenza di condanna comminata all’Italia dalla Corte suprema europea riguardo l’impresentabile legge 40 sulla procreazione assistita. Per farlo, ha atteso proprio gli ultimi minuti utili, ma è comprensibile con tutte le preoccupazioni che la situazione economica del nostro Paese gli comporta.

Ricorso che peraltro ha scarsa o nessuna probabilità di successo. Infatti la Grand Chambre deve solo valutare se nella sentenza di condanna non siano state considerate con attenzione le peculiarità del diritto italiano. Senza voler infierire, ricordando che un tempo l’Italia era considerata la patria del diritto stesso, la Grand Chambre dovrebbe in pratica riconoscere come peculiare del diritto italiano obbligare una donna a intraprendere una gravidanza nel dubbio – o nella probabile certezza – che l’embrione che inizia a svilupparsi nel suo corpo sia malato e pertanto rimandando solo di poche settimane l’inevitabile scelta di abortire. Per questa assurda norma è stato infatti condannato il nostro Paese. Da un governo sedicente tecnico ed europeista ci si sarebbe aspettato quanto meno che si attenesse al giudizio di un organo tanto competente quanto terzo come è la Corte suprema europea. Da sottolineare peraltro che la stessa legge 40 è stata già più volte sfiduciata in casa. Nel senso che già diversi tribunali italiani nonché organi giuridici superiori ne hanno palesato l’incoerenza e l’incostituzionalità.

Altro tributo pagato dal politico Monti all’ala conservatrice della destra che lo sosterrà alle prossime elezioni (per non parlare dei teodem del Pd) è decifrabile dalla composizione del Tavolo di lavoro per l’assistenza alle persone in Stato vegetativo e Stato di minima coscienza istituito pochi giorni fa dal ministero della Salute, come pubblicato sullo stesso sito istituzionale. Inutile sottolineare la delicatezza e la evidente natura politica dell’argomento che è stato un cavallo battaglia del governo berlusconiano. Ebbene, non si ravvisa – nella composizione di questo gruppo di lavoro – alcun nome laico. O forse è meglio dire che, escluse le componenti tecniche d’ufficio che sono obbligatorie in questi casi, tutti i nomi presenti sono stati i paladini della lotta di sostegno ideologica-politica a favore della scellerata, incostituzionale nonché antiscientifica proposta di legge Calabrò sul fine vita. Tra i vari componenti si possono leggere i nomi di coloro che individualmente o come rappresentanti di associazioni hanno promosso il famoso ricorso alla Corte europea dei diritti umani contro la sentenza Englaro della Cassazione nel 2008. Ovviamente lo stesso supremo organo europeo aveva provveduto a respingerlo perché ritenuto irricevibile per l’assoluta estraneità dei ricorrenti nella vicenda. In pratica si riconosceva che i ricorrenti non potevano sostenere di aver ricevuto alcun danno dalla sentenza né di aver titolo a rappresentare gli interessi o la volontà di Eluana Englaro che invece erano sostenuti in assoluto buon diritto dal padre Beppino.

Addirittura alcuni dei nominati sono stati solidali con coloro che avevano – a suo tempo – presentato alla Procura di Udine un esposto contro Beppino Englaro, ipotizzando il reato di omicidio volontario. Non vi è nemmeno un barlume di equilibrio nella composizione, quasi peggio delle nomine di berlusconiana memoria del Comitato nazionale di bioetica. In quella occasione almeno i laici erano rappresentati anche se in vistosa minoranza, tanto da sentirsi così fuori luogo da decidere in buona parte per le dimissioni. Non sarà necessario attendere la conclusione dei lavori della commissione per conoscerne le indicazioni, dato che appaiono già ampiamente prevedibili.

 

Mario Riccio, medico

Il 21 dicembre a Roma sarà depositata in Cassazione una proposta di legge di iniziativa popolare sul “Rifiuto di trattamenti sanitari e liceità dell’eutanasia”. L’iniziativa di cui è rima firmataria Mina Welby, cade un giorno dopo il sesto anniversario della morte del marito Piergiorgio. Insieme alla co-presidente dell’associazione Luca Coscioni depositeranno la proposta Carla Welby, sorella di Piergiorgio, Filomena Gallo (segretario dell’Associazione Luca Coscioni), Marco Cappato (tesoriere ALC), Emilio Coveri (presidente di Exit-Italia), Neri Marchisio (Exit), Stefano Incani (comitato di coordinamento Uaar), Rita Bernardini e Marco Perduca (parlamentari radicali), Mario Riccio (anestesista di Piergiorgio Welby), Mario Staderini (segretario di Radicali italiani), Rocco Berardo (consigliere regionale Lazio), Luigi Montevecchi (ginecologo e dirigente ALC). Il testo della legge prevede l’obbligo del rispetto della volontà del paziente, la depenalizzazione dei trattamenti di eutanasia e suicidio assistito, anche mediante testamento biologico. La raccolta firme potrà iniziare dopo la pubblicazione del testo in Gazzetta ufficiale.