Dietrofront del PD sulla cannabis. Manconi ci riprova

La depenalizzazione dell’immigrazione clandestina dovrà attendere: era atteso per ieri un voto conclusivo del Senato al DDL sulla messa in prova, che al suo interno porta la fine del reato inventato a suo tempo da Roberto Maroni, causa malattia del relatore Felice Casson i senatori hanno rinviato lo stretto necessario.

Pausa forse provvidenziale, perché la maggioranza rischia di spaccarsi, in quanto gli alfaniani sono d’accordo sulla depenalizzazione ma insistono sulla necessità di una sanzione severa per chi non ottemperasse all’ordine di espulsione. Dietrofont anche per un’altra depenalizzazione della discordia. Il senatore Sergio Lo Giudice, Pd, chiedeva di liberalizzare le droghe leggere. Dopo una intera mattinata di polemiche, di fronte alle barricate dell’opposizione e del Ncd, il Pd ha deciso di rinviare la discussione ad altro momento. «Meglio sminare il terreno del ddl sulla messa in prova. Avremo presto l’occasione giusta», dice Lo Giudice.

Già, perché mezzo Pd si è accodato al senatore Luigi Manconi per un ddl che liberalizza la cannabis sia pure per scopi terapeutici. «In Italia – spiega Manconi – l’uso terapeutico della cannabis è ancora un tabù, mentre da anni la letteratura scientifica ha mostrato l’efficacia dei farmaci a base del principio attivo Thc per molte malattie». Come ricorda la relazione preparatoria al ddl, «in America sono già ventuno gli Stati dell’Unione che consentono l’uso terapeutico dei derivati della cannabis».

E sono noti gli effetti positivi su pazienti per diverse patologie, da quelle neurologiche a quelle oculistiche. L’uso terapeutico è stato proibito in Italia fino all’anno scorso, quando l’allora ministro della Salute Renato Balduzzi ha inserito i medicinali di origine vegetale a base di cannabis tra le sostanze psicoattive autorizzate. Toscana e Puglia ne hanno disciplinato le modalità di distribuzione, ma il sistema è farraginoso: la prescrizione del medico va alla Asl, da qui alla Regione, che interessa il ministero, che si occupa di acquistare il prodotto all’estero, per poi ripercorrere la catena all’indietro. Ciò per ogni malato e per ogni ricetta.

Ricalcando il «Marijuana Legal Access Act» adottato in Canada nel 2011, s’immagina ora di «estendere la categoria dei soggetti autorizzati alla coltivazione di piante di canna-bis per scopi commerciali, scientifici, sperimentali, didattici o comunque terapeutici, ricomprendendovi anche le persone giuridiche private» e permettendo «la coltivazione di tali piante per farne uso personale, in relazione ad esigenze terapeutiche proprie, dei propri congiunti o conviventi». Già, ma i furbi? Facile immaginare una selva di finti malati che vorranno approfittare dell’occasione. «Il medico chirurgo o veterinario – prevede il ddl – che rilascia prescrizioni di sostanze stupefacenti o psicotrope per uso non terapeutico è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni».