Diamante del libero pensiero

Il Sole 24 Ore
Gilberto Corbellini

II fisico, filosofo e premio Nobel Percy Williams (Peter) Bridgman non è molto conosciuto al di fuori della nicchia dei filosofi della scienza, e in modo particolare della fisica. Eppure è stato forse il più spiccato e coerente libertario della prima metà del Novecento, avendo maturato la sua visione dell`uomo e del valore morale e civile della libertà individuale attraverso un articolato percorso epistemologico, che partiva da una ricerca sperimentale del tutto speciale e che, per decenni, solo lui sapeva fare, cioè la fisica delle altissime pressioni. Insofferente verso ogni condizionamento sociale – rimase a Harvard dettando come condizioni di insegnare solo a laureati e di non doversi occupare di questioni amministrative – nel 1946 fu premiato con il Nobel per essere riuscito a ottenere pressioni prima di lui inimmaginabili (parliamo di 300-400mila atmosfere), che consentivano di studiare il comportamento di elementi e sostanze in condizioni del tutto estreme.

Presto, nel 1955, anche di fare diamanti sintetici. L`uomo, l`intellettuale Bridgman non aveva bisogno di nessuno, men che meno della “società”, per sapere cosa fosse giusto fare: nel febbraio del 1939 entrava personalmente in guerra contro gli Stati totalitari, chiudendo il suo laboratorio a qualsiasi scambio con scienziati provenienti da quei Paesi. Nello stesso anno aderiva alla nascente Society for Scientific Freedom, fondata in Gran Bretagna da Michael Polanyi e John Baker, per contrastare la concezione marxista, dilagante in Occidente, sul valore sociale prima che individuale della ricerca scientifica. Negli ultimi venti anni della sua vita si confrontò anche con i temi della psicologia, della sociologia e dell`economia, trovando argomenti operativamente validi per difendere la sua concezione individualista del mondo. Curiosamente, ma nessuno l`ha mai notato, non scrisse quasi niente di epistemologia della biologia. Nel 1961 il gesto estremo, ben noto a chi s`interessa di eutanasia: si suicidava, sparandosi in bocca, per non soffrire più a causa di un cancro metastatico delle ossa, e lasciando scritto che «non è decente per una società costringere un uomo a fare questo da solo. Probabilmente questo è l`ultimo giorno in cui sarò in grado di farlo da me stesso».

 Vittorio Somenzi che lo incontrò a Harvard nel 1951 e che portò in Italia le idee operazionaliste di Bridgman traducendo La logica della fisica moderna del 1927 (Boringhieri, 1952) ricordava spesso la sua schiettezza. Somenzi, oltre ad aver capito e criticato il sostanziale impianto dualista (e i rischi di involuzione soggettivista) dell`operazionalismo, aveva ben chiara l`autorefenzialità epistemologica di Bridgman. In senso alto, ovviamente, e che si può apprezzare anche leggendo la traduzione italiana di un testo importante, scritto dal fisico nel 1955 e per la prima volta disponibile in italiano. Rileggere Bridgman, dopo tanti anni, rimane un piacere intellettuale, perché il fluire della sua scrittura trasmette l`idea di un flusso di elaborazione introspettiva particolarmente accentuato, e dedicato completamente alla ricerca di una coerenza logico-argomentativa rigorosa del ragionare.

Proprio in questo libro si trova anche una caratterizzazione dell`operazionalismo, che toglie di mezzo  l`equivoco su cui si fonda l`arruolamento di Bridgman tra i costruttivisti radicali.  Con buona pace di Ernst von Glasersfeld, che in una delle postfazioni al libro s`arrampica su un elenco di citazioni decontestualizzate, cioè appese nell`aria, per fare di Bridgman un antirealista. In questo libro, come aveva fatto in Operational Analysis del 1938, Bridgman dice chiaramente che per lui le «operazioni» sono «attività»: l`analisi operazionale è soltanto «un caso particolare di analisi in termini di attività – fatti e accadimenti», invece che di analisi «in termini di oggetti o statiche astrazioni», o in «termini di cose o elementi statici». Inteso così, l`operazionalismo rimane uno strumento d`indagine scientifica e filosofica straordinariamente funzionale a un modo di pensare critico e antiideologico, ín quanto consente di incorporare diversi aspetti del mondo naturale e della pratica scientifica e conoscitiva in generale. 

Decenni di pensiero operazionalista conducono Bridgman a immaginarsi l`uomo isolato «in un`oasi di fenomeni che non sarà mai in grado di trascendere» perché solo all`interno di specifici vincoli operativi è possibile dare significato al proprio pensiero. Grazie all`analisi operazionale appresa attraverso il metodo scientifico («che non è niente di più che fare il proprio meglio con la propria mente, senza esclusione di colpi»), l`uomo di Bridgman fa piazza pulita di pseudoproblemi (libero arbitrio, realismo eccetera) e guadagna in integrità e onestà intellettuale, rendendo in questo modo giustizia alla ricchezza e complessità del mondo e della scienza. Al di là delle miopie sociali e delle logiche evolutive: di fatto indifferenti e manipolatorie rispetto all`individuo. La lezione di Bridgman sul valore intrinseco della ricerca pura, condotta prevalentemente ín solitudine o con pochi allievi e senza pressioni sociali, rimane del tutto valida.

E se ne sente la mancanza. Nell`ultimo decennio l`Associazione Luca Coscioni per la Libertà di Ricerca Scientifica ha promosso un Congresso Mondiale per la Libertà di Ricerca, che si è riunito tre volte, e che tornerà a riunirsi a novembre a Bruxelles e poi in aprile a Roma. Sarebbe interessante e culturalmente arricchente recuperare e discutere i temi e l`impegno di formidabili scienziati e intellettuali che tra le due guerre e nell`età della Guerra fredda affrontarono le minacce portate alla libertà della scienza direttamente in Occidente; dove la scienza concorse a far nascere la libertà dei moderni.