Diagnosi preimpianto, il tribunale di Cagliari: «È un diritto»

Pubblico Giornale
Mariagrazia Gerina

«Ce lo siamo sempre detti con mio marito Andrea che se mai avessimo avuto la fortuna di diventare genitori, avremmo fatto di tutto perché nostro figlio potesse non avere il mio stesso problema. Se puoi proteggere quello che ami più al mondo da qualcosa che conosci e sai che è brutto, lo fai. Lotti affinché questo figlio possa avere una vita normale e non partire da meno dieci come te». Racconta così tutto d`un fiato Teresa, ora che finalmente ha vinto la sua battaglia contro i fantasmi della legge 40. Divieti veri e falsi che ancora popolano gli ospedali di tutta Italia. E fanno sì che ancora, dopo tutti i pronunciamenti dei tribunali e le sentenze della Corte Costituzionale, nessuno dei 76 centri pubblici dove si pratica la fecondazione assistita metta a disposizione delle donne la diagnosi preimpianto. 
Se vuoi fare la diagnosi preimpianto, paghi. «Nove-diecimila euro a trattamento». Questa era la regola, fino a ieri. Non più adesso che Teresa ha vinto la sua battaglia. La sua storia l`avete letta su uno dei primi numero di Pubblico. Teresa è sarda ed è affetta da talassemia maior, che l`ha resa anche infertile. «Quando ero piccola io non si sapeva fino a che età sarei vissuta. La talassemia è una malattia difficile da gestire. Ora è diverso, ma devi sottoporti a trasfusioni per tutta la vita, ogni quindici venti giorni». Quella è la malattia che Teresa, sposata con un portatore sano di microcitemia, non vuole trasmettere a suo figlio. E ora il tribunale di Cagliari a cui, come avevamo raccontato lo scorso 30 settembre, si era rivolta per poter effettuare gratuitamente la diagnosi preimpianto all`ospedale Microcitemico della sua città finalmente le ha dato ragione. Teresa – spiega il suo avvocato Filomena Gallo, che è anche segretario dell`Associazione Luca Coscioni, a cui Teresa si era rivolta – non dovrà pagare i soldi che non ha per accedere alla fecondazione assistita e alla diagnosi preimpianto. L`ospedale Microcitemico a cui si era rivolta dovrà aiutarla a mettere al mondo quel figlio che ha tanto desiderato. 
Con tutti gli strumenti che la medicina mette a disposizione delle coppie come la sua, portatrici di malattie ereditarie. Il tribunale di Cagliari ha disposto che l`Ospedale «esegua, nell`ambito dell`intervento di procreazione medicalmente assistita, l`esame clinico e diagnostico sugli embrioni». Una ordinanza che poggia ormai su una giurisprudenza consolidata. Costruita sulla pelle di altre coppie come Andrea e Teresa costrette a portare in tribunale la legge 40. Di pronunciamenti ormai se ne contano 18. «Non c`è dubbio che la diagnosi genetica preimpianto debba considerarsi pienamente ammissibile, al fine di assicurare la compatibilità della legge 40 con i principi del nostro ordinamento giuridico», scrive il giudice Giorgio Latti, dopo aver passato in rassegna tutti i momenti in cui la legge 40 è stata smontata. Agli atti però restano anche le motivazioni con cui il responsabile del laboratorio di genetica e l`Azienda sanitaria hanno tentato di giustificare il fatto che al Microcitemico, uno dei primi centri fino all`entrata in vigore della legge 40 a praticare la diagnosi preimpianto, non abbiano ripreso a fare quell`esame, nonostante quelle sentenze e le interpretazioni chiarificatrici. Carenza di personale specializzato, mancanza di risorse, Ambiguità da parte del ministero. «La recentissima sentenza della corte europea, stando alle dichiarazioni del ministero, non sembra aver dato una spinta sostanziale a doverose modifiche della suddetta legge né a chiarimenti ufficiali sulla liceità della Pgd», recita la memoria consegnata dalla Asl. La legge vale più delle dichiarazioni del ministero, ha ribadito il giudice di Cagliari. «Fora -scandisce l`avvocato Gallo – anche gli altri centri pubblici dovranno adeguarsi o rischiano la denuncia penale». Ma è proprio sulle dichiarazioni del ministero tornano Marco Cappato, Emma Borino, MariaAntonietta Coscioni. La sentenza della Corte europea chiede all`Italia di spianare la strada della diagnosi preimpianto a tutte le coppie portatrici di malattie, anche quelle non infertili. «Balduzzi – replicano – rinunci a presentare ricorso». Il tempo per presentarlo scade il 28 novembre. Il ministro ha annunciato che lo farà. Ma per ora non l`ha fatto. «Ed è già qualcosa».