Cultura e ricerca a braccetto per lo sviluppo

Il Sole 24 Ore
Armando Massarenti

Gli Stati generali della cultura quest’anno avranno come interlocutore d’eccezione il primo ministro Enrico Letta, così come quelli del 2012 avevano avuto il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Se al contrario del Governo precedente, quello di Monti, l’attuale ha mostrato fin dall’inizio una maggiore attenzione per la cultura quale strategia complessiva per rimettere il Paese su un giusto binario – per esempio attraverso un decreto, non privo di difetti, poi trasformato in legge, denominato Valore cultura – è anche perché ha saputo cogliere almeno in parte le indicazioni che vennero dal presidente proprio durante il nostro incontro dell’anno scorso.

«Difendo l’articolo 9 come uno dei principi fondamentali della Repubblica e della Costituzione, come scelta meditata, lungimirante e di sorprendente attualità, anche per come ha saputo abbracciare in due righe tutti gli aspetti essenziali del tema che ancor oggi dibattiamo», disse allora Napolitano. «La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica», recita quell’articolo, dal cui spirito muoveva il Manifesto per la cultura pubblicato sulla Domenica del Sole 24 Ore del 19 febbraio 2012, «e già questo – commentava il presidente – è un accoppiamento che non dovremmo mai trascurare nei nostri discorsi: cultura e ricerca scientifica e tecnica». Nell’incontro di giovedì si dovrà partire proprio da questo accostamento, cioè dalla consapevolezza, da affermare in maniera ancora più netta, che scienza e cultura sono la stessa identica cosa.

La strategia di cui abbiamo bisogno è una strategia culturale complessiva al cui cuore non può stare – in controtendenza rispetto a ciò che si è fatto finora – proprio ciò che chiamiamo scienza. Dobbiamo riappropriarci, al di là delle false contrapposizioni tra dottrine scientifiche e umanistiche, della capacità di produrre conoscenza, una conoscenza al passo del nostro tempo e che faccia risalire la popolazione, giovanile e adulta, nelle drammatiche classifiche internazionali che ci vedono all’ultimo e al penultimo posto tra i paesi Ocse rispettivamente per “literacy” e “numeracy”, cioè per capacità di manovrare propriamente il linguaggio e far di conto. Per far ciò occorre una consapevolezza nuova, accompagnata da scelte incisive da parte del Governo e della classe dirigente.

La più concreta di tutte, in ambito politico, è stata finora quella del presidente della Repubblica quando ha nominato senatori a vita quattro personalità della cultura: il maestro Claudio Abbado, l’architetto Renzo Piano, il Nobel per la fisica Carlo Rubbia, e la grande staminologa Elena Cattaneo, che ha suscitato qualche perplessità per la sua giovane età. E invece è proprio per questo che a nostro parere rappresenta la risorsa più preziosa entro la strategia assai chiara del presidente, che è quella di immettere in un Parlamento sempre più scadente e che ha dimenticato da tempo la regola aurea del «conoscere per deliberare», un elemento solido e duraturo, capace di orientare nella maniera più appropriata la possibile rinascita che abbiamo auspicato con il nostro Manifesto. Ciò che conta è ridare all’alta cultura, scientifica e umanistica, la dignità che troppo spesso, insieme al principio fondamentale della libertà della ricerca, è stata calpestata. È questo il passo più importante per reinnescare, dal punto di vista economico, il «circolo virtuoso tra conoscenza, ricerca, arte, tutela e occupazione».