Coronavirus e pensiero antiscientifico, due virus pericolosi per la nostra società

Nel 2016 l’Oxford English Dictionary ha eletto il termine “post-truth” (post-verità) a parola dell’anno. La Treccani ci dice che per post-verità si intende una “argomentazione, caratterizzata da un forte appello all’emotività, che basandosi su credenze diffuse e non su fatti verificati tende a essere accettata come veritiera, influenzando l’opinione pubblica”. Basta questo a segnalarci che  non siamo messi bene.

È paradossale che questa aberrazione dei principi della scienza e della conoscenza raggiunga il suo culmine in un periodo storico caratterizzato da un abbattimento dell’analfabetismo (non in assoluto ma certamente rispetto ad un secolo fa) e da una società che, proprio grazie alla scienza e alla medicina, basate su metodo scientifico – prove, fatti e non chiacchiere – può fruire del raddoppiamento della aspettativa di vita delle persone e della sconfitta di un numero imprecisato di patologie. Non a caso Covid-19 sta decimando la popolazione anziana affetta da multiple patologie (controllate dalla medicina moderna), che non sarebbe neanche esistita fino a qualche decennio fa.

Oggi, però, una larga fetta della popolazione è affetta da una nuova patologia: l’analfabetismo funzionale, cioè la incapacità di capire e valutare quello che l’istruzione ha consentito di leggere. Forti del loro nuovo status di persone istruite, questi malati, spesso professionisti affermati e decisori politici e solitamente afflitti anche dal virus dell’analfabetismo scientifico, si ritengono autorizzati a pontificare e a sproloquiare su cose che ignorano totalmente.

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