CONTRO LA PSEUDOSCIENZA Una crociata vittoriosa

Domenicale Sole 24 ore
Elena Cattaneo, Gilberto Corbellini

Gli scienziati traggono le maggiori soddisfazioni lavorando per ore in laboratorio, con colleghi che ragionano come loro, ma qualche volta il loro dovere è altrove. Anche se questo significa non rispettare scadenze di finanziamenti o ricevere lettere di minaccia. Quando l’abbassamento degli standard clinici ha messo a rischio la salute di pazienti e il sistema sanitario, siamo stati tra coloro che hanno abbandonato il “confort” di laboratori e uffici, battendosi per far prevalere le prove. Sin dalla sua creazione, nel 2009, la Fondazione Stamina ha sostenuto che cellule staminali prelevate dal midollo osseo possono essere trasformate in neuroni esponendole ad acido retinoico, una molecola chiave per lo sviluppo embrionale. Il fondatore di Stamina, Prof. Davide Vannoni, che non ha laurea scientifica o medica, afferma che iniettando queste cellule si possono trattare malattie tra loro diverse come Parkinson, distrofia muscolare o atrofia muscolare spinale. Nessuna sua pubblicazione compare nella letteratura valutata da referee internazionali. Egli ha spostato il laboratorio in giro per l’Italia e all’estero, dichiarando di voler lavorare dove le regole sono meno rigide. Diversi scienziati e tecnici del governo hanno scoperto che i pretesi protocolli Stamina erano impropri, e che mancava qualunque prova che il trattamento avesse presupposti di efficacia. Nondimeno il servizio sanitario italiano ha pagato per alcune di queste procedure e il Parlamento ha votato il finanziamento di una sperimentazione clinica per tre milioni di euro. Nel corso degli ultimi due anni, insieme a diversi altri colleghi e in modo particolare con gli staminologi Paolo Bianco e Michele De Luca, ci siamo espressi contro questi presunti trattamenti. Abbiamo visto scaderci termini per il finanziamento di progetti e mancato a incontri professionali per impegnarci in questo. Abbiamo imparato ad applicare le nostre capacità investigative al di fuori delle nostre discipline, e abbiamo riconosciuto le abilità nell’aiutare i non-scienziati a cogliere il valore delle prove, il rigore e la valutazione dei rischi. La nostra più recente vittoria è del 28 maggio con la pubblicazione della sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, la quale dice che i pazienti non hanno diritto a ricevere terapie per le quali manchino prove scientifiche. Ma non ci possiamo rilassare. All’inizio del mese il Dr Marino Andolina, vice presidente di Stamina Foundation, è stato nominato commissario ad acta degli Spedali Civili di Brescia da un tribunale che lo ha incaricato di proseguire il “trattamento Stamina” su un bambino. I pazienti disperati saranno sempre vulnerabili all’abuso. Speriamo che condividere la nostra esperienza – avendo imparato diverse cose a caro prezzo – possa aiutare altri a lottare contro la pseudoscienza predatoria. Questa crociata (svolta per tutelare il paese e i malati da abusi, ndr) ha comportato costi personali. Gli ultimi 18 mesi sono stati delle montagne russe di inquietudine, delusione, trionfo e indignazione. Abbiamo trascorso innumerevoli ore discutendo tra noi o con politici al telefono, di persona e in videoconferenze. Abbiamo preparato e condiviso almeno sei dossier e decine di diapositive (che dimostravano l’infondatezza di quanto Stamina proponeva, ndr). Abbiamo rilasciato interviste a giornali e scritto commenti quasi settimanalmente. Abbiamo scambiato corrispondenza e opinioni con organizzazioni di pazienti, e stabilito rapporti con i medici dell’ospedale pubblico che ospitava Stamina, i quali ora hanno preso le distanze da Vannoni. Abbiamo cominciato a interagire giornalmente con i carabinieri dei Nas che indagavano sul caso (su richiesta, abbiamo fatto ore di deposizioni, ndr). Ogni mattina passavamo dettagliatamente in rassegna il campo di battaglia. Dovevamo essere pronti a cambiare i piani all’ultimo minuto, quando Stamina vinceva una scaramuccia mediatica, politica o regolatoria. Da giugno 2013 a noi e a colleghi come De Luca e Bianco e altri è stato regolarmente chiesto da studenti, docenti, organizzatori di festival scientifici, associazioni di pazienti e numerosi altri gruppi di tenere lezioni e conferenze sul caso Stamina. Non abbiamo mai detto di no. Quelli di noi (EC, Bianco e De Luca) che coordinano gruppi di ricerca stimano di aver impegnato finora 6o-8o settimane di tempo del laboratorio, con seri ritardi nello sviluppo dei progetti e nell’invio di articoli con i risultati ottenuti. Spesso abbiamo svolto i nostri compiti nei riguardi di studenti e collaboratori di notte e via email. Abbiamo imparato a evitare di apparire in programmi televisivi in cui la ragione è spazzata via da forti messaggi emotivi. Per diversi mesi alcuni di noi hanno ricevuto lettere di minaccia e insulti da persone che percepivano dalla nostra impossibilità a mentire, una mancanza di compassione per pazienti a rischio di morte. Diverse di queste lettere erano gravi al punto che abbiamo ritenuto di doverle inoltrare ai carabinieri. Le nostre istituzioni hanno sporto denunce contro persone ignote che si muovevano intorno ai nostri laboratori. Le nostre caselle email e università sono state fatte oggetto di attacchi informatici (le minacce continuano, ndr). Abbiamo parlato e informato chiunque del campo anche fuori del nostro paese. Il sostegno della comunità internazionale si è dimostrato essenziale. Ha evidenziato che non eravamo presunti istigatori locali, ma avevamo un mondo alle spalle. L’assegnazione a EC, Bianco e De Luca di un premio per il lavoro svolto a difesa dei pazienti, da parte dell’International Society for Stem Cell Research (consegnato lo scorso 18 giugno all’apertura del congresso mondiale tenutosi a Vancouver, ndr) ha rafforzato la nostra credibilità in Italia, così come le dichiarazioni del Nobel e pioniere delle staminali Shinya Yamanaka o le pubblicazioni apparse nella letteratura scientifica. In Italia, trovare i giusti alleati e ottenere il meglio da loro è stato cruciale. Serve saper parlare con tutti, a prescindere dalla conoscenza scientifica. Alcune persone apprezzano la mole di documentazione e l’insistenza che caratterizza l’approccio degli scienziati. Altri vogliono discutere di valori e opinioni; è importante rispettare e impegnarsi nel dialogo, spiegando però in modo fermo la differenza tra credenze e fatti. Coltivare i rapporti con i colleghi scienziati coinvolti nella lotta contro la pseudoscienza è anche importante. Abbiamo imparato a essere generosi e a ricordare che condividevamo un solo obiettivo. Nel porgere nostri argomenti al pubblico, l’atteggiamento da primadonna non aiuta. È fondamentale mostrare un fronte unito, se si vuole che le azioni comunicative e politiche si mantengano valide ed efficaci. Ma ne è valsa la pena. Ora, grazie alla sentenza della Corte Europea e all’indagine presso la Commissione Sanità del Senato varata tre mesi fa (ma anche all’instancabile lavoro dei NAS, a quella iniziale e ineccepibile ordinanza di blocco di AIFA, ai giornalisti che non si sono mai fatti sedurre da un’informazione comoda ma ingannevole, ai tanti familiari di malati e alle associazioni con cui siamo riusciti a parlare e a spiegare, ai medici che si sono sempre distanziati da Stamina, ai tribunali che hanno studiato il caso e redatto sentenze pertinenti, oltre a quei politici che hanno capito urgenze e gravi errori, ndr) siamo fiduciosi che questi inefficaci trattamenti saranno presto banditi dall’Italia. Consigliamo a tutti gli scienziati di apprezzare e divulgare più efficacemente il metodo scientifico. La scienza dipende dalle istituzioni pubbliche ed è fatta nell’interesse del pubblico. Noi abbiamo il dovere di difendere entrambi.

(Stralcio di un articolo apparso su Nature