Come si dovrebbe arrivare alla fine?

di Katharine Whitehorn

immagineRiportiamo un articolo pubblicato da BBC news segnalatoci e tradotto da Italo Cannone (qui il link all’articolo originale)
 L’allungamento della vita e le diverse concezioni  dell’assistenza e delle cure ospedaliere significano che i comportamenti nei confronti della morte e dell’eutanasia si fanno piu’ complessi. La Regina non invia piu’ telegrammi alle persone che raggiungono il centesimo compleanno –  adesso manda solo cartoline e non lontano e’ il tempo in cui l’unico effetto di questa tradizione sara’ solo quello di mantenere in attivita’ gli uffici  postali.
 
Alcune delle persone che raggiungono tale eta’ – o persino dei semplici “giovincelli” di 80 o 90 anni – conducono  una vita vigorosa e soddisfacente. Ma per moltissimi altri questo non si verifica e percio’ non ci si puo’ meravigliare se la questione di come dovrebbero vivere e’ sempre piu’ attuale. 
      
Molte malattie terminali di lunga durata sono semplicemente orribili, nonostante l’esistenza di buoni ospizi e del testamento biologico.
 
Non e’ quindi una sorpresa che Mary Warnock, che dovette lottare con le questioni relative all’inizio  della vita, embrioni ecc., e Elizabeth Macdonald, una nota oncologista dell’ospedale Guy a Londra, hanno rivolto la loro attenzione sul come dovremmo morire. La questione riguarda  quando la vita potrebbe o dovrebbe essere fatta cessare e le relative modalita’.
 
Questa estate le autrici sono state sui podi di festival letterari per la presentazione del loro  illuminato  e meditato libro, “Easeful Death”, recentemente presentato al Festival del Libro di Edinburgo. In parlamento e’ stata sconfitta piu’ di una proposta di legge intesa ad agevolare la fine di una orribile vita, ma le autrici pensano adesso che, a dispetto di tutte le difficolta’, la nostra visione della vita umana in genere si e’ sviluppata sufficientemente  per poter far approvare una legge in proposito.
 
Sembra certo, tuttavia, che essendo noi in grado di impedire la morte in cosi’ tanti modi e vivere cosi’ a lungo, che si debba ripensare la fine della vita nella stessa maniera in cui, efficacemente ne abbiamo ripensato il suo inizio, usando i contraccettivi, la spirale e in casi particolari anche l’aborto.
 
Stiamo soltanto ora cominciando a capire le implicazioni derivanti dal vivere cosi’ a lungo. Sulla rubrica delle lettere inviate al “The Times” recentemente si discuteva se la pensione di vecchiaia instaurata da Lloyd George nel 1908 fosse o no piu’ generosa in termini reali di quella che si prende oggi, senza considerare che la enorme differenza tra le due e’ la lunghezza del tempo di erogazione.
 
Fino ad un tempo relativamente recente, la gente, nella maggior parte dei casi, viveva soltanto per pochi anni dopo aver cessato di lavorare: adesso la durata del pensionamento puo’ facilmente durare per trenta o quarant’anni. Usando le parole del Dottor Richard Nicholson, editore della rivista Medical Ethics, “nessuno ha mai concepito che una “vacanza” potesse spesso durare per 30 anni”.
 
Se sei istruito e hai denaro sufficiente, se sei ossessionato dal golf o dai nipotini, se ti e’ permesso di continuare a lavorare, puoi passartela bene, perlomeno fino a che la salute tiene.
 
E io credo che se si sente di condurre una vita senza senso ci si possa suicidare: certamente i suicidi degli anziani hanno molto piu’ successo di quelli dei giovani, i tentativi dei quali talvolta sono piuttosto una richiesta di aiuto.
 
Ma insieme alle statistiche di quanto prevedibilmente potremmo ancora vivere – in una dozzina d’anni la meta’ della popolazione superera’ i cinquanta anni d’eta’ – si accompagna la proiezione raggelante che raggiunta l’eta’ avanzata ci si puo’aspettare una media di dieci anni di sofferenze dovute a una qualsiasi malattia cronica.
 
Ovviamente, curati appropriatamente, i malati ed i disabili possono condurre vite dignitose. Ma molte malattie terminali sono semplicemente orribili, nonostante l’esistenza di buoni ospizi e facilitazioni.
 
Ognuno che abbia la mia eta’ ha molto su cui meditare. Quando mia madre mori’, si trovava in casa di amici: un giorno,  quando le portarono  la colazione a letto, si accorsero che era morta durante il sonno.
 
Quando telefonai ad una cugina per riferirglielo,  mi disse: “ Oh,  e’ meraviglioso!” Era stata una infermiera in un ospedale per malattie mentali e conosceva molto bene quali fossero le alternative. Un’altra mia parente decise di morire di fame, un modo orribile per andarsene, perche’ stufa del costante e incurabile dolore che sentiva, nonostante le fosse data una buona assistenza. E’ un mito che qualsiasi dolore sia controllabile.
 
Quando andammo a visitare un altro parente ricoverato in una clinica il giorno prima – per fortuna e’ morto – uscimmo fuori dicendo “se fosse stato un animale non gli avrebbero permesso di vivere”.
 
Margaret Forster, nel suo avvincente libro “Precious Lives” scrive della morte di due persone. Una era una cara cognata, morente per cancro, dotata di una sufficiente dose di morfina per cessare di vivere se cosi’ avesse deciso, che pero’ tenne duro e seguito’ a vivere fino all’ultimo  doloroso momento.
 
Quando fu la volta del padre, un uomo robusto e fortemente  indipendente che pero’ nel corso degli anni aveva subito un penoso ed impressionante declino,  la scrittrice fini’ il suo libro dicendo che la storia avrebbe giudicato  sorprendente che gli fosse stato permesso di raggiungere tali condizioni. Le ultime parole del libro sono: "E’ assurdo. E’ sbagliato.”
 
Incredibilmene rivelatrice per me e’ una frase del filosofo americano Prof. Sam Gorowitz, il cui libro sull’etica medica intitolato, inevitabilmente,  “Doctors’ Dilemmas”, narra di un giovane che implorava i medici  di dare piu’ morfina alla madre agonizzante. Gli fu risposto di no, perche’ si poteva impedirne la respirazione.
 
All’inizio  il giovane si accontento’ della risposta ma dopo ritorno’ e disse: “ Dove e’scritto che il cancro ha il diritto di essere la causa della morte di mia madre? E’ veramente  compito del dottore di tenere il paziente vivo in modo che il tumore possa incassare il dovuto?”
 
C’era un tempo in cui i medici erano piu’ paternalistici e meno in pericolo di essere denunciati e un buon medico poteva tranquillamente aiutare il paziente a morire. I medici possono ancora dare dosi massicce di antidolorifici  – se l’intenzione e’ di combattere il dolore e non far cessare una vita. Quest’ultimo e’ chiamato tecnicamente il “doppio effetto”.
 
Ma ci sono ora dozzine di ragioni, ed il caso di Harold Shipman e’ una di queste, per le quali i medici devono essere incredibilmente cauti. Il dolore acuto non e’ spesso il solo problema, ci puo’ infatti essere la completa perdita delle funzioni.
 
Alcuni paesi europei hanno adottato gia’ qualche forma di morte assistita; ma contrariamente all’ottimismo di Warnock e Macdonald ho sempre pensato che qui da noi non funzionerebbe, perche’ siamo molto inefficienti – se non possiamo assicurare che una vecchia signora malata ottenga il cambio delle  lenzuola sporche, se un ospedale puo’ mandare a casa una anziana signora malata di demenzia senza che nessuno poi si occupi di darle le pillole  per il cuore, come ha riportato recentemente Ros Coward sul Guardian, come potremmo mai essere sicuri di capire bene se una persona malata voglia veramente morire?
 
Una morte rapida. Warnock e Macdonald hanno la speranza che il tempo sia arrivato per ottenerla, nonostante i limiti sopra enunciati.
 
Mio padre aveva un vecchio alunno che era un bravissimo medico missionario  e che era sposato ad una donna impegnata nella sua stessa missione. Quando andarono in pensione si misero ad andare in una bicicletta a due posti per cercare di raccogliere fondi a favore dell’ospedale sudafricano dove avevano lavorato. Alla fine diventarono troppo anziani per continuare a farlo, ma il giorno dopo la celebrazione delle loro nozze d’oro presero il tandem per un’ultima corsa intorno alle Isole Britanniche –  sfortunatamente vennero investiti da un camion e morirono all’istante.
 
Ognuno rimase sconvolto  pensando a quella brutta fine. Ma cosa poteva essere meglio di una morte molto veloce, tutte e due insieme,  privi ognuno della lunga agonia di perdere l’altro, senza interventi chirurgici, le cliniche e gli ospizi, la perdita progressiva dell’udito e della vista e  dolori poco piu’ che controllabili?
 
Avevo sempre avuto una visione Hollywoodiana del mio letto di morte. Giacente sui  cuscini, pallida ma coraggiosa, perdonando i  nemici – sulla base del fatto che niente li avrebbe fatti arrabbiare di piu’. Adesso so che e’ molto piu’ probabile mi accada di essere all’ospedale affetta da una mezza senilita’, circondata da tubi penzolanti e gocciolanti, confusa e dolorante.
 
Potrebbe essere molto difficile  fare una legge che mi permetta di morire piu’ facilmente, ma spero che faranno in modo di realizzarlo prima che venga il mio turno.