“Celeste ora sta meglio”. “Non respirava e rischiava di morire, ma adesso la cura con le staminali ci ha dato una nuova speranza”

Oggi
Rita Cenni

La cosa più bella è che è passata la paura. Per un anno, dopo la scoperta della malattia di Celeste, starle vicino si è trasformato in un incubo. Mia figlia mi terrorizzava: temevo di vederla morire sotto i miei occhi da un momento all’altro. E anche lei era angosciata. Per la fatica a respirare e il rischio di soffocare». Elisabetta Orlandini, 43 anni, è la mamma di Celeste Carrer, la bimba veneziana la cui vicenda divenne un caso lo scorso agosto quando, per continuare a curarla, i suoi genitori dovettero ottenere l’autorizzazione di un tribunale. La terapia a base di infusioni di cellule staminali mesenchimali che le venivano somministrate dal 2011, era stata sospesa nel maggio del 2012 a seguito di un’ispezione nel laboratorio dell’ospedale di Brescia, ordinata dal giudice torinese Raffaele Guariniello che indagava sulla Fondazione Stamina. Ci volle la decisione del Tribunale del Lavoro di Mestre, che parlò di cure compassionevoli, e obbligò l’istituto di Brescia a riprendere i trattamenti. «Non volevamo rinunciare ai miglioramenti avuti con le prime infusioni», rievoca il padre, Giampaolo Carrer. «Celeste, che compirà tre anni a giugno, si è ammalata di Sma-1 a sei mesi. La Sma-1 è una forma di atrofia muscolare spinale, una patologia neurodegenerativa di origine genetica che aggredisce il midollo e che, secondo la comunità scientifica, nella sua forma più grave porta alla morte nei primi anni. Già dalla diagnosi non ci siamo dati per vinti. Se ci fosse stata anche una minima possibilità di miglioramento, non volevamo perderla. Dopo mille ricerche abbiamo conosciuto Marino Andolina, un pediatra trie stino, e deciso di tentare il metodo messo a punto dalla Fondazione Stamina con la quale collabora. Le prime infusioni le abbiamo fatte all’ospedale di Monza, poi in quello di Brescia. Ma lo scorso maggio è arrivato lo stop di Guariniello». Siamo a casa dei Carrer, in Veneto. La madre ha accettato di riceverci solo per far conoscere i progressi della bimba. «Non saprei dire se la terapia della Fondazione Stamina sia una cura valida in tutti i casi. Io so che i benefici per Celeste sono stati evidenti, già dalla prima infusione», racconta. «Secondo tutti i medici,  non avremmo mai più potuto vederla energica. O sentire la sua voce. Chi critica le cure compassionevoli perché non sicure e invita ad aspettare terapie allo studio da anni, ma che non offrono alcu na prospettiva, non sa cosa vuol dire vivere ogni giorno nella mancanza di sicurezza. «Da quando Celeste si è ammalata, fino alla prima infusione a un anno e mezzo, non ha più potuto mangiare normalmente. Non riusciva a piangere, ha rischiato la vita per un banale raffreddore, diventava viola per un po’ di saliva di traverso. Era costantemente in debito d’ossigeno. Per tre volte l’ho trovata cianotica, e mentre facevo le manovre salvavita ho temuto di averla persa. La piccola, appoggiata al seggiolone, dopo averci studiato per qualche minuto con la diffidenza di tutti i bambini verso uno sconosciuto, torna a guardare al computer il suo dvd preferito. Tiene la testa diritta, manovra da sola il mouse, ride con voce decisa quando appare l’elefantino che adora. «Con le infusioni ha ritrovato forza. Ha ripreso a respirare da sola, naturalmente, e si è rilassata. Mangia ancora col sondino, ma riesce a tirare fuori la lingua che era diventata immobile. Recentemente ha assaggiato persino qualche cucchiaino di pappa. Le funzioni fisiologiche sono tornate regolari. Solo di notte le applichiamo, per sicurezza, una maschera speciale che l’aiuta a respirare, senza infastidirla». Traguardi insperabili, secondo tutti i medici. Mamma Elisabetta vive 24 ore su 24 al fianco di Celeste. Ha rinunciato al lavoro. «Non me la sentivo di affidarla a estranei. È già troppo tormentata. Non voglio che nessuno, neppure con le migliori intenzioni, rischi di farle del male. Di lei ci occupiamo solo io e Giampaolo». I Carrer accontano senza drammatizzare. I medici, dopo la diagnosi della malattia, li incoraggiavano a darsi da fare per avere al più presto un altro figlio. «A noi non interessava un altro figlio, volevamo sapere cosa c’era da fare per lei, la nostra bimba bella, dolce e allegra». Rassegnaci a quasi tutte le difficoltà, ma non alla resa. «L’incontro determinante è stato con Andolina, il medico che ci ha parlato della possibilità delle staminali. Una persona straordinaria, che ci ha cambiato la vita. Poi i nostri entusiasti avvocati, Dario Bianchini e Marco Vorano, e l’Asamsi, l’unica associazione che ci ha sostenuti da subito». «Ci accusano di essere genitori visionari», sottolinea Carrer. «Ma voi potete vedere coi vostri occhi come sta Celeste. Abbiamo almeno una decina di certificati che attestano i suoi miglioramenti. Certificati firmati anche da medici degli Spedali di Brescia, poi costretti dalle polemiche e dalla guerra giudiziaria a far finta di non sapere o ricordare. «Credo che le staminali siano come l’acqua per la nostra vita., dice Elisabetta. Senza cqua non viviamo, ma l’acqua da sola non basta. Celeste ha ancora bisogno che le aspiriamo la saliva, deve essere nutrita col sondino. Però ha ritrovato forza e serenità. Per il resto, vedremo. Non possiamo che vivere giorno per giorno.. La bimba disegna, gioca e risponde, a modo suo divertita, alle mille sollecitazioni del papà. Imita il gallo, abbaia come il cagnolino dei vicini, miagola come il micio di casa, che la mattina la sveglia con una leccatina. Per fare ciao, rotea gli occhi, e accenna un bellissimo sorriso. In autostrada, cogliamo alla radio un brano dell’omelia di Papa Francesco. Sembra dedicata ai Carrer. Non siate uomini e donne tristi. Non lasciatevi rubare la speranza.