Cappato: una vita tra diritti negati e persone umiliate

I 20 anni di lotta al proibizionismo di Marco Cappato raccontati nel libro: “Credere, Disobbedire, Combattere”

Nel momento in cui vi apprestate a leggere “Credere, disobbedire, combattere” di Marco Cappato, è bene sapere che il processo a carico dell`autore è iniziato lo scorso 8 novembre, che le prove della sua colpevolezza sono in queste pagine, che l`articolo del codice penale che lo condanna (se i giudici decideranno di farlo) prevede detenzione fino a 12 anni. Avete capito bene. Il libro è un thriller.

Narra di morte, come fine di molte delle vicende narrate, cerca e svela il percorso che porta a queste morti, sostiene che sono volontarie e invocate come un diritto, ammette (lui, l`autore) di avere aiutato a morire. E si dichiara pronto a ripetere il delitto, finché la legge continuerà a considerare delitto la decisione disperata ma inevitabile di morire di alcuni cittadini.

Questo straordinario racconto di dignità e di morte si divide in due parti intrecciate in ogni pagina.

Cominciamo dall’autore e dunque dalla sua narrazione. Il tema è: se non posso sopportare la vita per il troppo dolore, posso morire? Qualcuno mi aiuta?

Mille dibattiti ma non si fa avanti nessuno. E qui entra in scena Cappato, non come Zorro, ma come essere umano responsabile anche per chi non vuol sapere. Ci sono due Marco Cappato: sono la stessa persona, ma ci sono due vite. Nella prima trovate l`autore come parte attiva e instancabile del Partito Radicale, delle continue iniziative di Marco Pannella, che non smetteva di pensare come e quante volte buttarsi nelle paludi abbandonate dei dritti negati e delle persone (piccoli gruppi o un intero popolo) umiliate e ignorate.

Cappato è stato fin da subito qualcuno che prende in mano l`impresa (politica) e la fa funzionare. La sua era (è) una vocazione a ricominciare la cosa nuova. Ma il ritratto del buon politico da giovane non copre l’altro, di chi vede una persona e solo a quella si dedica con sentimenti che non sono da vita pubblica, ma di un essere umano accanto a un altro essere umano che chiede aiuto.

Cappato sfugge all’alibi della politica (faremo una legge) e resta dentro l’evento di vita che per lui è la politica. Come accompagnare in Svizzera la persona che va a morire, e che narra nel libro. I lettori avranno la sorpresa di una narrazione serena, di una persuasione profonda, di una determinazione del narratore che sfida volentieri la condanna e la prigione pur di non abbandonare chi è obbligato per legge a “vivere di dolore”, perché manca una legge per ignavia o conformismo.

Manca il diritto di morire. I giudici dovranno decidere se il farsi carico del dolore e della responsabilità della propria vita continuerà a essere un crimine.