Cannabis a uso medico in Italia, pronto lo schema di decreto

Corriere della sera
Ruggiero Corcella

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L’Italia sta per entrare a tutti gli effetti nella lista dei Paesi produttori di cannabis per uso medico. Farà compagnia a Canada, Regno Unito, Olanda , Danimarca e Israele, gli Stati censiti dall’International Narcotics Control Board (dati 2013 pubblicati nel 2015). Lo stabilisce lo schema di decreto del ministero della Salute – di cui il Corriere della Sera è in grado di anticipare la versione definitiva – che individua nel dicastero stesso le funzioni di «Organismo statale per la cannabis» . Il passaggio normativo è obbligatorio secondo quanto previsto dalla Convenzione unica sugli stupefacenti del 1961 e di fatto sancisce l’ufficializzazione della «cannabis di Stato». 

I sei articoli del decreto, sottoposto adesso al parere della Conferenza Stato Regioni, individuano appunto le funzioni del ministero della Salute, le quote di fabbricazione di sostanza attiva di origine vegetale a base di cannabis, le prescrizioni e le garanze dell’autorizzazione alla fabbricazione rinviando poi a un allegato tecnico le parti relative alle stime sulla produzione e ai controlli sulla coltivazioni e, all’appropriatezza delle prescrizioni, al tipo di patologie per cui è consentito l’uso di prodotti derivati dalla cannabis, al sistema di sorveglianza sulle piante e e ai costi di produzione. 

La coltivazione e produzione nazionale di sostanze e preparazioni di origine vegetale a base di cannabis sarà effettuata nello Stabilimento Chimico farmaceutico Militare di Firenze, dove è già iniziata la fase sperimentale con i primi due raccolti, secondo l’accordo di collaborazione tra i ministeri della Salute e della Difesa del 18 settembre 2014 poi allargato al ministero delle Politiche agricole. Questo almeno per i due anni del Progetto pilota (a decorrere dalla pubblicazione del decreto sulla Gazzetta Ufficiale), in cui la produzione nazionale è fissata a 100 chilogrammi di infiorescenze di cannabis l’anno.

La produzione della sostanza attiva costerà 5,93 euro al grammo (senza Iva), mentre la tariffa della cannabis (a quanto sarà venduta al pubblico) è ancora da stabilire. Il farmacista acquisterà la sostanza attiva e la dispenserà come preparato galenico al paziente dietro presentazione di ricetta medica (da rinnovare volta per volta). Importante: il paziente o chi ritira il preparato dovrà farsi consegnare una copia della ricetta timbrata e firmata dal farmacista, perché è l’unica prova che il farmaco in loro possesso sia legale. Il decreto stabilisce anche le modalità di assunzione della cannabis terapeutica: per bocca con un decotto (tisana), oppure per inalazione con uno specifico vaporizzatore, esclude invece l’utilizzo di oli o soluzioni oleose. 

Il decreto fa un preambolo: «L’uso medico cannabis non può essere considerato una terapia propriamente detta, bensì un trattamento sintomatico di supporto ai trattamenti standard quando questi ultimi non hanno prodotto gli effetti desiderati o hanno provocato effetti secondari non tollerabili o necessitano di incrementi posologici (cioè di quantità del farmaco, ndr che potrebbero determinare la comparsa di effetti collaterali)». Ed ecco in quali casi potrà essere impiegata la cannabis: come analgesico nella sclerosi multipla, lesioni del midollo spinale, dolore cronico (con particolare riferimento al dolore neurogeno); per contrastare gli effetti di nausea e vomito causati da chemioterapia, radioterapia, terapie per HIV; come stimolante dell’appetito nella cachessia, anoressia perdita dell’appetito in pazienti oncologici o affetti da AIDS e nell’anoressia nervosa; per diminuire la pressione nel glaucoma ; per ridurre i movimenti involontari del corpo e facciali nella sindrome di Tourette. Oltre a mettere in guardia sul rischio di dipendenza, inoltre, il decreto introduce un divieto di guidare e di svolgere «lavori che richiedano allerta amentale e coordinazione fisica» per almeno 24 ore dall’ultima somministrazione.

La Società Italiana Ricerca Cannabis (SIRCA) e l’Associazione Cannabis Terapeutica (ACT) – che hanno come obiettivi lo sviluppo e il progresso dello studio e della ricerca da un punto di vista scientifico didattico e assistenziale nelle conoscenze sugli usi medici della cannabis e dei cannabinoidi – hanno inviato una lettera di osservazioni sul decreto ai ministeri coinvolti nella sperimentazione e, tra gli altri, alla Federazione degli Ordini dei medici, sollevando una serie di criticità che secondo loro sarebbero «gravemente pregiudiziali all’avvio di una seria applicazione del progetto».

Le obiezioni riguardano i meccanismi con cui si stabilirà il quantitativo da produrre a livello nazionale, una volta esaurita la fase sperimentale (che rischierebbero di non corrispondere alla realtà e dunque di lasciare i pazienti scoperti); l’esclusione delle preparazioni galeniche definite «oli o soluzioni oleose» a vantaggio del decotto e dell’inalazione con aerosol (gli oli sono i più usati; l’estrazione in olio o alcool risulta la migliore, essendo i cannabinoidi liposolubili; è più semplice da usare per i pazienti che rispondono meglio in termini di “compliance”); gli oneri imposti alle farmacie galeniche per stabilire l’esatta quantità di principio attivo contenuto nel preparato (la cromatografia liquida o gassosa accoppiate alla spettrometria di massa, per le quali occorrono strumenti costosi e che rischierebbero quindi di pesare troppo sulle farmacie); gli impieghi della cannabis terapeutica, dal quale sono rimaste escluse patologie ammesse dagli Stati degli Usa che hanno promulgato leggi sulla cannabis medica, come Parkinson, Alzheimer, epilessia, Crohn, Sla (Sclerosi laterale amiotrofica) ed epatite C.

Infine le critiche riguardano il divieto di guidare e lavorare in certi casi per almeno 24 ore : «Tale divieto — è scritto nella lettera ai Ministeri — in pratica sarebbe punitivo per la maggioranza dei pazienti, che di fatto non potrebbero più guidare. Non ci risulta che per altri farmaci esista un tale divieto specifico, ma spetta al medico informare il paziente ed eventualmente fare divieto in certi casi. Nemmeno con la morfina è previsto una tale proibizione scritta nero su bianco».