Cannabis a scopo terapeutico, un mondo possibile tra percorsi impervi

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Lucia Spiri e Andrea Trisciuoglio

 

Cari lettori, ci presentiamo: siamo Lucia Spiri (in foto) e Andrea Trisciuoglio, pazienti affetti da Sclerosi Multipla, in cura attualmente con il Bedrocan, ovvero cannabis terapeutica. Ci ritroviamo qui a scrivere per raccontare quali e quante sono le difficoltà che un malato si trova ad affrontare durante un percorso difficile che inizia per molti in età adolescenziale, fatto di medici disinformati, farmaci pericolosi e quasi sempre inefficaci, iter burocratici da dover affrontare da soli senza l’aiuto delle istituzioni.

La malattia nel corso degli anni ci ha creato alcune disabilità. Ma quando ne compare una, essa insegna a sfruttare al meglio le abilità residue. Dopo aver utilizzato i farmaci tradizionali oggi in commercio iniziammo, ahinoi, ad avere troppi effetti collaterali (alcuni, purtroppo, permanenti). Iniziammo così ad informarci grazie alle risorse del web a guardare oltreconfine come si cura il paziente con sclerosi multipla e fu allora che scoprimmo che ovunque si utilizza la canapa (con ottimi risultati proprio sulla SM). Vista la bassissima incidenza di effetti collaterali (diversamente da quelli causati da molti farmaci che, purtroppo anche noi usavamo, annoverano fra gli effetti collaterali la morte… ma la morte non è un effetto collaterale), decidemmo di trattare la nostra malattia con la canapa senza immaginare quanto fosse impervia e lunga la procedura per accedervi legalmente.

Quale procedura? Semplice: si doveva solo trovare un medico che prescrivesse il farmaco, convincere il comitato etico dell’ospedale, il primario del reparto, il direttore sanitario, l’ufficio patrimonio e la farmacia. E alla fine il tuo diritto alla salute era accompagnato da una fattura per il trattamento (si parla di almeno mille euro a paziente, al mese e per chi inizia con bassi dosaggi). Iniziammo con l’associazione Luca Coscioni a informare i cittadini malati che tentano di orientarsi nel caotico mondo italiano della cannabis terapeutica. Spiegammo loro e spieghiamo ancora oggi, ovunque, come in Italia sia possibile superare burocrazia e ignoranza per vedersi riconosciuto il diritto alla salute.

Ci sono due modi per avere la canapa: o la coltivi in casa o fai tutto quell’iter allucinante che vi dicevamo prima. Solo che coltivandola si entra nell’illegalità. Per la seconda invece bisogna sperare di essere nati in Puglia, per fare un esempio. Infatti, anche se con molte lacune, proprio nella nostra regione di appartenenza abbiamo fatto approvare una delibera dal consiglio regionale pugliese che consente anche ad altri pazienti di affermare il proprio diritto alla salute (Del. 308 del 9.2.2010) avendo così la possibilità di approvvigionamento del farmaco a carico totale del SSR. Ma l’Italia non è solo la Puglia, quindi, i disabili delle altre regioni che già difficilmente lavorano e che tirano a stento con le misere 250 euro mensili dove trovano i soldi?

Dopo l’approvazione della delibera cominciammo a convincere le varie strutture sanitarie di quanto fosse anche più economico il Bedrocan (nome commerciale del  farmaco cannabinoide importato da una nazione a caso: l’Olanda). Bastò un semplice calcolo economico: un farmaco per la sclerosi multipla che si chiama Tysabri (natalizumab) costa alle casse del SSR tremila euro al mese. Dopo vari ‘effetti collaterali’ del proibizionismo e visti il riscontro – popolare, mediatico e perfino politico – che questa follia proibizionista ci ha creato, ci convincemmo ancor di più quanto fosse necessario fermarla. Non si può prevedere per nessuno la criminalizzazione per chi utilizza la canapa per il proprio benessere. E’ ancora più infame quando si va a criminalizzare un malato che magari ha già altri 100mila pensieri causati dalla propria patologia e non può vedersi piombare la mattina all’alba 5 carabinieri in casa (fatti realmente accaduti e che quotidianamente accadono).

Parafrasando un motto dell’Associazione Luca Coscioni, a cui ci onoriamo di far parte, abbiamo portato il nostro corpo malato al cuore della politica. Il 18 giugno, piantavamo per la prima volta al mondo, canapa in un palazzo governativo come Montecitorio. La crescita delle piante è stata seguita sui profili Facebook e Twitter dell’Onorevole Radicale Rita Bernardini. Il 9 novembre scorso abbiamo dato seguito alla disobbedienza civile, consegnando le piante ai malati presenti e stiamo attendendo una risposta della Procura di Roma (sia l’onorevole che 3 malati di SM sono tornati a casa con l’art.75 della legge Fini-Giovanardi). Nel frattempo possiamo riscontrare una forte censura sul tema da parte dei media che nonostante la numerosa presenza di fotografi e giornalisti si sono limitati (solo alcuni) a trasmettere servizi con titoli sbagliati e scarsi di contenuto.

Concludiamo ricordando solo una cosa: son trascorsi oramai 6 anni dalla modifica della legge sulle droghe, che ha parificato tutte le sostanze in un’unica tabella. Per un paziente che utilizza canapa per curare la propria patologia non è assolutamente bello leggere, vedere o ascoltare personaggi come il Dr. Serpelloni (DPA) o del Dr. Garattini (dell’Istituto Mario Negri) che affermano che ciò con cui ti curi provocherà buchi nel cervello e sarà l’anticamera delle droghe pesanti. Questo è terrorismo psicologico. Come si fa a parificare il nostro farmaco a sostanze come l’eroina, la cocaina o altre?

A chi diffonde queste notizie chiediamo la rimozione dal ruolo che copre come responsabile DPA (Dipartimento Politiche Antidroga) e agli altri diciamo solo di stare attenti alle parole che utilizzeranno in futuro per descrivere quella che ad oggi è l’unica vera medicina che allevia le sofferenze di milioni di persone in tutto il mondo. Da difensori dei diritti civili e seguaci della nonviolenza, citiamo il Mahatma Gandhi: “La disobbedienza civile diviene un dovere sacro quando lo Stato diviene dispotico o, il che è la stessa cosa, corrotto. E un cittadino che scende a patti con un simile Stato è partecipe della sua corruzione e del suo dispotismo”.