Cannabis, nuovi usi medici

Il Manifesto
Giorgio Bignami

Occorre tornare su alcuni recenti risultati relativi alle azioni terapeutiche della cannabis, già ampiamente diffusi, per tentare di coglierne le importanti implicazioni. La ricerca canadese dl Lucas et al (»Addlction Research and Theory» 20.11.2012, dol: 10.3109/ 16066359.2012.733465), conferma che la cannabis è una efficace .sostanza d’uscita» dalla dipendenza da sostanze più dure. Si tratta dl 404 soggetti, del quali il 41% ha dichiarato di aver beneficiato dell’uso dl cannabis per l’uscita dall’alcol, II 36% da droghe illecite pesanti, addirittura II 68 % da farmaci lecitl. (ll totale è maggiore di 100 per la nota frequenza del casi di dipendenza da più sostanze). Le motivazioni più spesso dichiarate per questa autocura: minore sofferenza in fase di astinenza, minori effetti collaterali, miglior controllo dei sintomi. Concludono gli autori: è ora dl avviare studi randomizzatl per verificare a regola d’arte l’efficacia della cannabis come sostitutivo, cioè come strumento di riduzione del danno e di cura delle dipendenze patologiche. Passando ora al .Britlsh Medicai Joumai» (T.B. RaJavashisth et al, 24.02.2012, doi: 10.1136/ bm)o pen- 2011 -000494) troviamo una ulteriore analisi del dati dello studio su salute e nutrizione, condotto tra II 1988 e il 1994 dal Centri USA per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie. In un campione dl quasi 11.000 soggetti, dl cui II 39% consumatori o ex consumatori di cannabis e il 61 % non consumatori, il diabete di tipo 2 (quello degli adulti soprattutto se mangioni) era presente assai meno spesso nel primi rispetto al secondi. Tale riduzione era massima in coloro che erano consumatori leggeri nel periodo dello studio, ma restava notevole anche negli ex consumatori e anche dopo “scontati» vari potenziali fattori confondenti, socioeconomici e altri. Gli autori, avvertendo che i risultati potrebbero essere stati influenzati dal fatto che in parte si basavano sulle risposte dei soggetti, piuttosto che su rilevamenti oggettivi, sottolineano che essi confermano analoghi dati ottenuti nell’animale; e inoltre che sono coerenti col fatto che la cannabis possiede un’azione anti-inflammatoria, e che un’associazione tra processi infiammatori e sviluppo del diabete di tipo 2 è già stata dimostrata, anche se non ancora del tutto chiarita. Vedremo ora quale spazio potrà aprirsi per ricerche ampie e sistematiche sugli effetti della canna-bis In una varietà dl condizioni patologiche nelle quali giocano un ruolo importante i processi infiammatori e i meccanismi autoimmunitari: patologie notoriamente sempre più frequenti per l’invecchiamento della popolazione e per la crescita e la diversificazione dell’inquinamento ambientale. E del resto, se l’evoluzione ci ha imbottito di recettori opploidi come parte importante del meccanismi dl modulazione delle risposte al dolore e altre, che cl starebbero a fare i recettori cannabinoidi nelle cellule del sistema nervoso centrale e in quelle del sistema immunitari?