Nata quattro anni fa l’associazione Love Giver è diventata in fretta un collettore di migliaia di storie diverse, ma tutte figlie di un diritto negato. Nei paesi europei più attenti ai diritti civili è il servizio sanitario a occuparsi e preoccuparsi di educare e sostenere, anche finanziariamente, la sessualità delle persone disabili. In Italia invece langue un progetto di legge mai discusso e niente di più.
Così Max Ulivieri, 46 anni, web designer bolognese tra i fondatori di Love Giver, dopo aver girato l’Italia per scardinare i tabù su sesso e disabilità, ha deciso di passare dalle parole ai fatti. Parte domani a Bologna il primo corso dedicato alla formazione di assistenti sessuali, cioè «operatori che dopo un percorso di formazione psicologico, sessuologico e medico, dovranno aiutare le persone a vivere un’esperienza erotica, sensuale o sessuale». Una guida «all’emotività, all’affettività, alla corporeità e alla sessualità», una figura professionale capace di accompagnare le persone con disabilità a riscoprire il corpo come fonte di piacere, non di sofferenza. «In quattro anni abbiamo raccolto 2137 richieste, gran parte da parte di genitori di ragazzi con disabilità sia fisiche che cognitive – racconta Ulivieri -. Ci sono madri costrette a masturbare i figli, altri ricorrono alla prostituzione. Spesso negli istituti di cura vengono somministrati dei calmanti. Sono storie tristi e gravi. Mi sono stufato di ascoltarle e non poter fare niente».
Domani si terrà la prima di quattro giornate formative: diciassette candidati, selezionati tra oltre sessanta domande, seguiranno i corsi tenuti da Fabrizio Quattrini, presidente dell’Istituto italiano di Sessuologia e Judith Aregger, assistente sessuale in Svizzera dal 2009. Con loro un medico, incaricato di spiegare le disfunzionalità sessuali che delle diverse disabilità e un avvocato. Non esiste una legge che disciplina la figura dell’assistente sessuale, così Ulivieri rischia una denuncia per favoreggiamento della prostituzione.
«Lavoro con persone disabili, la sessualità è una questione fondamentale che però istituti e case di cura non hanno i mezzi per affrontare» spiega Marco, 41 anni, educatore, tra gli allievi di Love Giver. «Ho una formazione laica, una mentalità aperta e conosco diverse famiglie che vivono situazioni molto difficili – racconta Anna, 32 anni, fotografa -. Per me non è un’occasione di guadagno, ma un progetto serio in cui credo». «In Francia è successa una bella cosa: in attesa di una legge che non arriva, un’associazione come la nostra ha iniziato a organizzare i corsi – conclude Ulivieri -. Conosco la sofferenza che si prova a dover rinunciare alla propria intimità. Non ho paura, perché so di essere nel giusto».
L’Associazione Luca Coscioni è una associazione no profit di promozione sociale. Tra le sue priorità vi sono l’affermazione delle libertà civili e i diritti umani, in particolare quello alla scienza, l’assistenza personale autogestita, l’abbattimento della barriere architettoniche, le scelte di fine vita, la legalizzazione dell’eutanasia, l’accesso ai cannabinoidi medici e il monitoraggio mondiale di leggi e politiche in materia di scienza e auto-determinazione.