Balduzzi: “Brevettare solo i farmaci innovativi”

Il Mattino
Marisa La Penna

Ministro della Salute, Renato Balduzzi, secondo il direttore del Pascale, se non ci fosse il servizio sanitario nazionale solo un italiano ammalato di cancro su dieci potrebbe permettersi la cura, a causa dei costi alti dei chemioterapici. E d’accordo? «Credo che questa affermazione sia un inconfutabile un dato di fatto. D’altra parte è una delle grandi ragioni di esistenza e di forza della nostra sanità pubblica».

Ministro, è possibile che possa accadere in Italia quanto è successo in India? Ovvero che una multinazionale del farmaco perda la causa relativa al brevetto di un medicinale costoso? «Non vorrei commentare una vicenda di cui non conosco perfettamente tutti gli elementi. Piuttosto, però, avendo letto, proprio sul Mattino, l’articolo del ricercatore e docente di chemioterapia, Silvio Garattini, mi dico d’accordo con lui quando sostiene che sarebbe opportuno che le multinazionali del farmaco autolimitassero l’ambito di efficacia dei brevetti. Consentendo, in tal modo, agli stati più poveri di ottenere farmaci costosi al prezzo dei generici».

Secondo lei ci vuole anche uno sforzo della comunità internazionale per farsi carico di questo? «Certo. I costi dei farmaci sono un problema serio in tutti i paesi del mondo. E l’autorità nazionale ha pochi strumenti per contrastare la politica dei prezzi dell’industria farmaceutica. Ritengo che sia arrivato il momento, a questo punto, di riconsiderare le norme europee che prevedono il rilascio all’immissione in commercio di un farmaco affiancando ai requisiti di sempre, vale a dire qualità sicurezza ed efficacia, anche un ulteriore requisito».

Quale è il quarto requisito? «Come dice Silvio Garattini è necessario che i farmaci nuovi abbiano un vantaggio reale rispetto ai farmaci già autorizzati. Su questo fronte, sul piano nazionale, la recente legislatura non ha mostrato lungimiranza. Sono state per esempio cassate le norme del decreto legge 158».

Quali sono le nonne del decreto 158 che sono state cancellate? «Sono quelle in cui si prevedeva che la revisione del prontuario farmaceutico riguardasse anche medicinali che risultassero troppo costosi in relazione al beneficio derivante dal loro uso per il servizio sanitario nazionale. Sarebbe stata una norma intelligente affinché i farmaci innovativi potessero entrare nel mercato. Auspico, a questo punto, che il nuovo Parlamento possa affrontare con equilibrio il problema dell’innovatività dei farmaci».

In che modo? «Trovando soluzioni in grado di bilanciare il diritto di chi fa ricerca che vuole vedere riconosciuti e remunerati i propri sforzi, e al tempo stesso le esigenze del servizio sanitario nazionale che ha bisogno di non sprecare risorse per farmaci non veramente innovativi proprio per garantire a tutti di avere innovazione terapeutica».

I prezzi dei farmaci oncologici sono estremamente cari, la cura per il melanoma, per esempio, costa 57mila euro a ciclo. Non si può fare nulla per ridurli? «Ribadisco, si tratta di trovare situazioni che bilancino il diritto di chi fa ricerca con le esigenze del servizio sanitario nazionale».

Sentenze analoghe a quelle emesse in India l’altro giorno si sono avute già per il viagra in Cina e per i farmaci contro l’aids in Africa. Come mai questo verdetto, secondo lei, ha suscitato maggiore clamore? «La ragione è da ricercare nella grande diffusione delle patologie tumorali e della loro enorme incidenza rispetto alle vite di tutti. C’è una maggiore sensibilità, insomma, verso questo argomento rispetto ai temi delle altre sentenze».

Si rischia, a causa dei costi alti dei farmaci griffati di non poter soddisfare tutta la richiesta per curare i malati di cancro? «Assolutamente no. Tutte le iniziative che abbiamo messo in campo in tal senso sono andate a buon fine. E il senso del nostro impegno è proprio quello di consentire che l’innovazione possa offrire una migliore sanità per tutti. Ripeto, bisogna trovare un equilibrio tra le esigenze della ricerca ed i nostri conti del Servizio sanitario Nazionale».