VENEZIA — Mentre sulla bocca di politici e religiosi di tutta Italia impazza il tiro al bersaglio contro la legge 194, nel silenzioso Veneto bianco si cede il passo alla realtà. Non c’è bisogno di prendersela con l’aborto, tanto nella nostra regione ottenerlo diventa ogni giorno più difficile. E costoso. Difficile per le donne e costoso per le Usl, spesso costrette a pagare, per una sola seduta settimanale, 3200 euro al mese un ginecologo esterno e ben oltre i 60 euro all’ora e i 480 a notte previsti da contratto un anestesista in rapporto di convenzione. Per pazienti e direttori generali i guai hanno un comune denominatore: l’80% dei 251 ginecologi veneti e circa la stessa percentuale degli 800 anestesisti in carico al servizio sanitario regionale fanno obiezione di coscienza all’interruzione di gravidanza. Risultato: le Usl di Belluno, Vicenza, Chioggia, Verona, Adria, Legnago e Bussolengo si ritrovano in organico solo ginecologi obiettori, mentre gli ospedali di Thiene (le cui pazienti oltretutto sono per il 50% non residenti), San Donà, Portogruaro, Asiago, Valdagno, Mestre, Venezia, Mirano e Rovigo ce la fanno per un soffio, con due abortisti ciascuno. Arrancano infine l’Usl 15 di Cittadella, che deve aggiungere ai quattro ginecologi non obiettori (su 21) un esterno «prestato» dall’Usl 8 di Castelfranco, l’Usl 9 di Treviso, che ha un solo medico abortista, e l’Azienda ospedaliera di Padova. Forte di appena tre specialisti disponibili (su 18) in Clinica ostetrica e uno (su 15) in Divisione. «Abbondanza» solo ad Arzignano, dove obiettano in 3 su 12, che fornisce specialisti a Verona e Bussolengo.
Il quadro
Sforzi che, stando all’indagine condotta dall’Osservatorio regionale della patologia in età pediatrica, nel 2007 hanno consentito di soddisfare le 7608 richieste di intervento, contro le 7090 del 2006. «Un aumento dovuto alle extracomunitarie, molte delle quali ricorrono all’aborto anche più volte in un anno — spiega la professoressa Paola Facchin, responsabile dell’Osservatorio —. Va poi aggiunto che 1138 pazienti arrivavano da Emilia, Lombardia, Trentino e Friuli. Le stesse regioni nelle quali sono andate a farsi operare 970 venete, a riprova che in questo settore la mobilità è notevole. Il 25% delle donne interessate si rivolge ad aziende confinanti, un altro 20% ad ospedali del resto d’Italia e il 55% alla propria Usl». Chi si sposta lo fa perchè nel suo territorio non trova il servizio adatto ma anche per motivi di maggiore tutela dell’anonimato. «Obiettori o meno, il Veneto garantisce il servizio, e senza attese», chiude la Facchin. In effetti da aspettare ci sono, in qualche ospedale, al massimo 20/30 giorni, di solito legati più alla carenza di anestesisti che di ginecologi.
«I pochi che ci sono si fanno pagare—sbotta più di un direttore generale — e lo stesso vale per i ginecologi. La verità è che l’obiezione di coscienza (permessa dalla stessa 194, ndr) ha creato un business parallelo inconcepibile. Un libero professionista per una sola seduta settimanale ci costa quanto due interni». La fregatura, per le aziende, è che l’obiezione il medico la dichiara dopo l’assunzione, non prima. «Lo si fa per motivi religiosi ed etici non discutibili», rileva Attilio Terrevoli, segretario regionale dell’Aaroi, sindacato degli anestesisti. «Ho fatto il medico per tutelare la vita e non accetto di sopprimerla anzitempo—concorda il dottor Bruno Mozzanega, della Clinica Ostetrica di Padova —. Il pensiero di estrarre un feto dall’utero per ucciderlo non mi farebbe dormire la notte, a meno che non stia morendo la mamma e allora lo stato di necessità mi impone di salvare almeno lei».
Le scappatoie
Mica finita. Fanno obiezione anche ostetriche e infermieri, al punto che alcune Usl, come Thiene e Chioggia, devono per forza dare precedenza alle residenti. Il risultato di questa perenne corsa ad ostacoli è l’aumento del 20% di aborti spontanei. Non di rado indotti da farmaci, come il Citotec, presi impropriamente da chi, rumene e cinesi in primis, non vuole peregrinare da un ospedale all’altro. E si procura il medicinale all’estero o grazie a medici e farmacisti consenzienti. Perfino Internet spiega come usarlo. Del resto anche la pillola del giorno dopo — da assumere entro 72 ore dal rapporto a rischio—è un miraggio in Veneto. I Pronto soccorso non la danno facilmente, preferendo indirizzare la donna che la chiede al ginecologo di guardia spesso però obiettore, e tanti medici di famiglia non la prescrivono. Perchè a loro volta fanno obiezione: lo consente l’articolo 22 del Codice deontologico.
Tabella degli obiettori nelle USL venete