A 15 anni rifiuta di abortire i genitori cedono all’avvocato

di Grazia Maria Mottola

Il padre è un giovane albanese. Già un primo bimbo avuto con lo stesso ragazzo le era stato tolto alla nascita

PORDENONE – «Voglio questo figlio con tutta me stessa». Lo ha spiegato, poi urlato, con le lacrime agli occhi e la forza dei suoi 15 anni, ai genitori, convinti che fosse meglio abortire. Non si è arresa, nonostante la minaccia di finire in un centro di accoglienza.  Così Anna (nome di fantasia) è entrata in uno studio legale di Pordenone decisa a chiedere aiuto al giudice tutelare.  «Per non restare vittima, ancora una volta – ha spiegato -, della volontà di mamma e papà» che lo scorso anno la «costrinsero a dare in adozione il suo primo bambino».  

 Una storia di amore, determinazione, e, forse, un pizzico di incoscienza, quella di Anna e Agim (nome di fantasia), 21 anni, albanese, musulmano, arrivato in Italia con la famiglia con i primi sbarchi a Bari, negli anni `90.  Si sono conosciuti in paese due anni fa. Un colpo di fulmine. È lui il padre del nascituro. Ma anche  del primo figlio di Anna, quello dato in adozione.  Nell’autunno 2006 la ragazzina resta incinta, vorrebbe tenere il piccolo, ma i genitori si oppongono.  «Mi trascinarono in ospedale per farmi abortire, ma io scappai», ha raccontato al suo avvocato, Laura Ferretti.  La gravidanza procede fino a quando il pancione comincia a essere evidente.

 Allora i genitori  la conducono in una casa-famiglia, in un’altra Regione, per nascondere la «vergogna».  Anna partorisce, ma non riesce a vedere il neonato, già destinato a nuovi genitori.  Un trauma. Piange e si dispera.   Ma si fa forza e si presenta agli esami di terza media. Passa  L’estate, inizia il liceo. Una vita da adolescente, studio, amicizie, divertimenti. Ma il  pensiero del bambino perduto non l’abbandona. Anna, insieme ad Agim, desidera davvero  un figlio. Questa volta non per caso. Tre mesi fa la notizia, poi l’annuncio ai genitori.

  E il copione si ripete.   «Mi hanno detto: abortisci o te ne vai. Ma io sono cattolica, voglio tenere il bimbo».  L’avvocato le ipotizza un ricorso al giudice tutelare per la nomina di un curatore speciale  che eserciti la patria potestà, al posto dei genitori, sulla vicenda della gravidanza.  Intanto scoppiano le polemiche. Il sindaco di Pordenone, Sergio Bolzanello, fa appello al buon  senso («la scelta di Anna va rispettata, famiglia e istituzioni devono assisterla»); il portavoce  della Diocesi, don Bruno Cescon, sottolinea come «il dramma mostra un’emergenza  educativa riguardo ai giovani, la soluzione non può essere l’aborto»; la psicologa Vera Slepoj pone dei «dubbi sulla capacità di Anna di essere genitore»;  il ministro delle Pari opportunità, Barbara Pollastrini, si augura che «prevalga la volontà di aiutarla a essere madre».  

In campo l’associazione Coscioni che insiste su «un`adeguata informazione sessuale», mentre Massimo Polledri, senatore Lega, offre un sostegno economico.   Colpo di scena ieri sera, dopo un nuovo incontro tra Anna, Agim, e i genitori. Ancora  urla e scenate. Poi l’accordo: il bimbo nascerà e Anna lo crescerà a casa di mamma e papà.  «Siamo stati troppo duri con lei – fanno sapere -, ora le staremo vicini. Il fidanzato?  Lo abbiamo invitato per il pranzo di Pasqua». Prudente L’avvocato Ferretti: «Se c`è l`accordo,  deve essere messo nero su bianco».